Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
28 gen 2024

Il fiore dei diritti

di Luciano Caveri

È indispensabile e non sempre facile, per chi faccia politica, avere rapporti con i cittadini, partendo dal presupposto che questo è un caposaldo della democrazia rappresentativa. Resta inteso – e così l’ho sempre interpretato – che una volta eletti non bisognerebbe mai fare riferimento ai solo propri elettori (ammesso di sapere chi siano…), ma all’insieme della popolazione, perché si rappresentano tutti, una volta ottenuto un ruolo istituzionale. Finite le elezioni, che per definizione sono divisive e non solo fra schieramenti ma purtroppo anche all’interno degli stessi partiti, la “cosa pubblica” va interpretata nel senso più largo possibile. Certo nelle assise democratiche è legittimo lo scontro dialettico fra maggioranza e opposizione, perché non avrebbe senso rinnegare le proprie idee e la propria visione. Ci vorrebbe, tuttavia, sempre – scusate il buonismo – modus in rebus nello scontro politico e non una guerriglia continua, come qualcuno fa e questo avvelena i pozzi del confronto necessario. Sin da quando ho cominciato la mia attività politica, la porta dei diversi uffici che ho ricoperto è sempre stata aperta. Non sono mai stato un coltivatore di clientele, ma sono sempre stato all’ascolto anche di chi ti voleva incontrare – e capita ancora – con tematiche le più bizzarre e talvolta sconclusionate. Capita anche che chi viene ad incontrati ti dia spunti per agire più efficacemente e anche visioni diverse da quelle che avevi. Insomma, uno stimolo e un cordone ombelicale con la realtà. Il politico chiuso nel suo fortino o più elegantemente nella sua turris eburnea finisce per vivere in un mondo parallelo e non sa essere più capace a cogliere con efficacia quanto emerge dalla società. La democrazia è un sistema complesso, pieno di voci e spunti, che talvolta diventano cacofonia e questi suoni sgradevoli sono nocivi. Penso a chi, invocando la libertà d’espressione o di manifestazione, cavalca idee e pensieri autoritari, usa la violenza fisica e verbale, passa il tempo a dileggiare le istituzioni, a ricostruire in modo strampalato la Storia. Risulta interessante, nell’evidente paradosso, che si usino principi costituzionali per combatterli! Esiste questo concetto, assai complesso dell’abuso di diritto, che fa riferimento all'esercizio abusivo di un diritto con lo scopo di raggiungere finalità diverse da quelle per cui il diritto è stato attribuito dall'ordinamento. Interessante rifletterci, quando si adoperino principi sacrosanti per un loro uso improprio. Ma questi sono massimi sistemi. Vi è poi la quotidianità, fatta di mille piccoli casi, di ingiustizie, di cose che non funzionano, di iniquità verso i più deboli. Ho seguito nel tempo pratiche piccole. Ricordo giovani di leva spediti capricciosamente chissà dove, pensioni di guerra che languivano negli uffici, pratiche di riconoscimento di cittadinanza che dormivano, finanziamenti dovuti che evaporavano. Certo non è la “grande” politica, ma è giusto che chi governa a tutti i livelli non perda mai l’importanza dei diritti e bisogna riconoscere che la burocrazia è spesso involuta e la stessa legislazione in Italia è un dedalo tale da far paura anche al più istruito. Questa storia dei diritti è fondamentale e ogni giorno si possono esaminare vicende e situazioni difficili, ad esempio sul tema nodale dei diritti civili e quelli umani, che sono concatenati. Devono essere questi affermati e difesi e chi li vuole limitare in qualche modo deprime la logica della democrazia e devono farci paura. Ogni involuzione autoritaria comincia da qui: come i petali di una margherita che vengono strappati uno ad uno sino all’ultimo e il fiore - assieme alle nostre libertà - muore. Forse sono stato un po’ confuso, ma erano pensieri che mi frullavano nella testa.