Gira che ti rigira su certi temi, come nel vecchio e glorioso gioco dell’oca, si torna spesso al punto di partenza alla ricerca di una soluzione. Sto seguendo con vivo interesse un dibattito in corso nel Tirolo del Sud, territorio simile al nostro e con aspetti sociologici con alcune similitudini, dove ci si interroga su quanti lasciano la Provincia autonoma, privando il luogo di origine di energie intellettuali e tecniche Traggo dall’Ansa un passaggio sui temi del lavoro: “Con i dati pubblicati, l'Osservatorio traccia un fenomeno noto come "fuga di cervelli": l'esodo di lavoratori qualificati dalla nostra provincia. "Se si considerano i diplomati dal 2005 al 2012 di tutti i tipi di scuola superiore, a dieci anni dal diploma il 14% ha lasciato l'Alto Adige per altri Paesi, mentre il 2% si è trasferito in regioni italiane. La tendenza all'emigrazione è in aumento per tutti i tipi di scuola superiore analizzati. Ciò appare chiaro se si confrontano i diplomati del 2005-2009 con quelli del 2009-2012: "La percentuale di coloro che si trasferiscono all'estero è aumentata in modo significativo”. Spiegazione ulteriore: “Emigra soprattutto personale con formazione accademica, ma anche manodopera qualificata” spiega Luther”. Dallo studio si evince che 6 su 10 in Austria e Germania, 2 su 10 in Italia. Fra i diplomati al liceo sono addirittura un terzo quelli che trasferiscono la residenza all'estero. L’Ansa Valle d’Aosta ha dato conto di un ragionamento simile fatto di recente in Valle d’Aosta e mi scuserete per la lunga citazione: “Aumentano in misura maggiore della media nazionale i valdostani iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), nonostante la regione alpina contribuisca solo allo 0,1% del totale di cittadini presenti nell'elenco. "Se a livello nazionale dal 2006 al 2023 la crescita è stata del 91%, per i valdostani è stata del 125%: quindi da 3.500 sono passati a 7.800", ha spiegato Delfina Licata, referente dell'area ricerca e documentazione della Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza episcopale italiana. L'occasione è stata la presentazione, nel salone del palazzo vescovile di Aosta, del Rapporto italiani nel mondo e del Rapporto immigrazione della Fondazione Migrantes. I 7.891 valdostani (3.853 uomini e 4.038 donne) abitano soprattutto in Europa (6.313, di cui 4.199 nell'Unione europea a 15, prima dell'allargamento ai nuovi stati membri), ma anche in America centro-meridionale (802), America settentrionale (363), Africa settentrionale (121), Oceania (110) e Asia (94). Il 18,8% è costituito da under 18, il 23,5% dalla fascia 18-34 anni, il 21,8% ha tra i 35 e 49 anni, il 18,7% tra 50 e 64 anni e il 17,1% oltre i 65 anni. Gli iscritti alla nascita sono il 25,7%. Tuttavia "i dati dell'Aire sono inferiori a quelli reali", dato che non tutti si iscrivono all'elenco, ha sottolineato Alessandro Celi, presidente del Comitato scientifico Fondation Chanoux, che ha partecipato alla stesura del Rapporto italiani nel mondo. "La Valle d'Aosta - ha sottolineato - ha ripreso a essere un luogo di forte emigrazione"”. Diciamo per chiarezza che non è più l’emigrazione dei secoli scorsi e cioè prevalentemente legata alla ricerca di condizioni di vita migliori e dunque ad uno stato di necessità o, in periodo fascista, scelta per motivi politici, ma si tratta di scelte ragionate per inseguire le proprie speranze senza costrizioni di sorta. Ci sono fenomeni, come gli studi esteri con Erasmus, che aprono strade un tempo impensabili e, per contro, occasioni professionali che non hanno corrispondenza in Valle d’Aosta. Ora in Alto Adige/SüdTirol si sta ragionando al capezzale del problema su come – anche a fronte di una crisi demografica da noi ancora più accentuata – “riconquistare” una parte di questi emigrati, molti dei quali sarebbero preziosissimi per la propria comunità di origine. Bisogna far leva sulla soluzione di problemi concreti e non solo di carattere economico, che spingano al ritorno con occasioni utili e attrattive. Ho sempre detto che il senso identitario è importante per i valdostani, ma come sia del tutto legittimo e giusto sentirsi in contemporanea cittadini del mondo, seguendo le proprie legittime ambizioni. Tuttavia questo non significa accelerare il confronto con chi, invece, abbia – fatte tutte le esperienze del caso – la voglia di ritornare per dare il proprio contributo alla Valle. Resta poi una riflessione ulteriore, cui accenno appena con una domanda: come fattivamente, in epoca di comunicazioni facili, possono realmente partecipare – non solo per far festa – giovani e meno giovani valdostani in giro per il mondo, pur restando laddove hanno scelto di vivere?