Chiaro ormai che il cambiamento climatico c’è e che la responsabilità umana esiste. Ciò detto per chiarezza, resta la questione del da farsi. Ridurre le emissioni di CO2 é il giusto mantra, cui si aggiunge l’evidente e densa operatività su come farlo, cambiando tutto ciò che accelera, come conseguenza, l’aumento della temperatura sul Pianeta. Per ora i governanti del mondo giochicchiano e va dato atto all’Europa del fatto che si è attivata, mentre altri Paesi se ne fanno un baffo. Fummo - con un gruppuscolo di amici che già sia occupavano della montagna e dei rischi futuri - i primi a riuscire a far inserire un cenno alle conseguenze climatiche possibili sulla e montagne del Mondo nel documento finale del Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, che fu di fatto la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull'Ambiente. Ora, invece, più di 30 anni dopo, l’emergenza incombe di brutto e la percezione dei famosi cambiamenti allarmano e di sicuro si è perso del tempo, mentre per invertire la situazione ci vogliono decisioni globali che tardano a venire. Quel che è certo è che cresce una preoccupazione generale e esiste persino un velo di angoscia che spinge ad una sorta di cupa rassegnazione che non giova e i catastrofisti tristi o i protestatari chiassosi non aiutano affatto. È evidente e lo ricorda l’Agenzia europea per l’ambiente che ci sono due parole chiave che qui ricordo. La prima: «Adattamento» significa anticipare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici e adottare misure adeguate per prevenire o ridurre al minimo i danni che possono causare oppure sfruttare le opportunità che possono presentarsi. Esempi di misure di adattamento sono modifiche infrastrutturali su larga scala, come la costruzione di difese per proteggere dall’innalzamento del livello del mare, e cambiamenti comportamentali, come la riduzione degli sprechi alimentari da parte dei singoli. In sostanza, l’adattamento può essere inteso come il processo di adeguamento agli effetti attuali e futuri dei cambiamenti climatici. La seconda: «Mitigazione» significa rendere meno gravi gli impatti dei cambiamenti climatici prevenendo o diminuendo l’emissione di gas a effetto serra (GES) nell’atmosfera. La mitigazione si ottiene riducendo le fonti di questi gas (ad esempio mediante l’incremento della quota di energie rinnovabili o la creazione di un sistema di mobilità più pulito) oppure potenziandone lo stoccaggio (ad esempio attraverso l’aumento delle dimensioni delle foreste). In breve, la mitigazione è un intervento umano che riduce le fonti delle emissioni di gas a effetto serra e/o rafforza i pozzi di assorbimento ». Dove c’è scritto ”mare” dobbiamo legittimamente scrivere "montagna” in una santa alleanza con tutte le montagne del mondo, iniziando realisticamente dalle Alpi e di questi temi, per fortuna, si parla nella macroregione alpina. Ne sono testimone perché ho partecipato alla recente assemblea di Eusalp,che conta 48 Regioni di 7 Paesi dell’Arco Alpino, svoltasi nel Cantone di San Gallo. Questa istanza europeista è una chiave di volta per avere strategie comuni e scambi di buone pratiche. Penso ad azioni concrete e a campagne informative, che sono indispensabili, così come la formazione al tema dei decisori e delle popolazioni. Per capirci meglio, ad esempio nel caso della Valle d’Aosta, penso sia giunta l’ora di pensare al coordinamento delle troppe iniziative convegniste o simili che spesso si ripetono e si sovrappongono senza una ratio comune. Questo vale ad esempio sul susseguirsi di diagnosi e previsioni sui nostri grandi malati, i ghiacciai, senza scendere invece a valle e a fondo sulle conseguenze più propriamente umane dell’insieme dei cambiamenti. Mi riferisco alle ricadute concrete sulle vite delle persone, sulle attività economiche, sui territori. Un adattamento che obbliga a prendere coscienza con logica scientifica e con quadro giuridico e di conseguenza a pianificare gli interventi necessari, affinché le emergenze siano già comprese prima che avvengano. Necessita - senza creare ansie nocive e inutili - un’educazione al cambiamento climatico e ci vogliono le cospicue risorse da spendere per tutto quel che necessita. Il resto è a rischio ripetitività degli allarmi, retorica dell’ ambientalismo ultra, sottostima dei negazionisti e via di questo passo. Nervi saldi, please!