Senza buttarlo sullo spiritualista o peggio sull’esoterismo, trovo non male riflettere sui nostri comportamenti, come esercizio di introspezione che può avere una sua utilità. Quel che siamo come esseri umani è ovviamente frutto di tante circostanze. Certo da questa varietà di situazioni, che si incrociano fra loro e siano scelte o subite, usciamo noi come prodotto originale. Lo dimostrano le nostre impronte digitali o meglio ormai il nostro DNA, che ci inchioda ancor di più alla fisicità e dimostra la nostra unicità. Ha scritto Erich Fromm: ”Il principale compito dell’uomo nella vita è quello di dare alla luce sé stesso, per diventare ciò che potenzialmente è. Il prodotto più importante dei suoi sforzi è la sua propria personalità”. Così ormai io stesso - come tutti - sono quel che sono, anche se nel tempo ci sono stati tanti me stesso, a seconda dell’età e dei ruoli spesso diversi che ho ricoperto e pesano nel bene e nel male anche le situazioni più personali e familiari. Un succedersi di esperienze da cui emergono pregi e difetti e ciascuno risponde di quello che è e diventato per merito e anche per fortuna. La cosa certa è che ci sono modi di essere diversi nel rapporto con gli altri. Per esempio: bisogna dire quel che si pensa o è meglio tacere per non disturbare nessuno, anzi il silenzio - modo ad esempio per non schierarsi - potrebbe essere occasione per piacere a tutti? Il tema per chi faccia politica è molto interessante, perché il dato oggettivo è che, essendoci per fortuna in democrazia il passaggio del voto, si sale o si scende a seconda del consenso che si ottiene. È c’è chi ritiene il fatto di essere “piacione” la sua stella polare e dunque di fronte a scelte fra bianco e nero opta per un sempre indossabile grigio. Mi è capitato di sentirmi dire, ad esempio per quanto scrivo sul mio Blog, se davvero fosse il caso di farlo in certe circostanze e su temi sui quali forse sarebbe stato più conveniente far finta di niente per non scontentare qualcuno. Ne ho conosciuti di quelli con più facce, adoperandole a seconda delle circostanze per fare buona impressione a potenziali elettori. Questa idea di alcuni di cambiare a seconda dell’interlocutore o delle circostanze non ha mai fatto per me. Rari coloro che hanno cercato, per ragioni di opportunità politica, persino di zittirmi e ho sempre risposto che ognuno è quello che è e per me parlare e scrivere in modo franco è una scelta di libertà. Può capitare di eccedere e mi è capitato, quando ho sbagliato, di correggermi e anche di chiedere scusa. Italo Calvino in Palomar, romanzo del 1983, ha scritto: ”In un'epoca e in un paese in cui tutti si fanno in quattro per proclamare opinioni o giudizi, il signor Palomar ha preso l'abitudine di mordersi la lingua tre volte prima di fare qualsiasi affermazione. Se al terzo morso di lingua è ancora convinto della cosa che stava per dire, la dice; se no sta zitto. Di fatto, passa settimane e mesi interi in silenzio”. Già, il silenzio. Non invidio né chi si morde la lingua e neppure chi decide di tacere. Dire quel che si pensa - meglio in modo urbano ed educato, specie quando cosi lo è e lo sono gli interlocutori - è essenziale in un mondo nel quale grava il rischio di chiudersi in una dimensione per difetto scarsamente sociale o per eccesso troppo Social. Già, i Social, dove in troppi si nascondono dietro a nickname, somigliando ai banditi che si mettono il passamontagna durante le rapine per non farsi riconoscere. Meglio metterci sempre, sia dal vivo così come sul Web, la propria faccia e le proprie idee.