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16 ott 2023

La guerra e il soldato

di Luciano Caveri

Non esiste uomo folle al punto di preferire la guerra alla pace. In pace i figli seppelliscono i padri, in guerra sono invece i padri a seppellire i figli.
(Erodoto)

Il grande storico greco antico forse, se avesse visto il seguito della Storia, avrebbe scoperto con orrore - ma penso ne fosse già consapevole - che c’è chi nel tempo la guerra la vuole e la persegue. Non sono solo dittatori folli, passati e presenti, ma anche chi, sulla spinta di ideologie perverse imbevuto d’odio, si intruppa - come Hamas in queste settimane - con assoluta dedizione per ammazzare senza pietà pure i bambini. Per questo nell’educazione familiare, nell’insegnamento, nella vita civile bisogna spiegare ai giovani la Storia con i suoi orrori e non bisogna farlo con un pacifismo stucchevole, che dipinge il mondo come se fosse lo scenario di Barbie. Vien da ricordare come esempio un altro Barbie, che non è la bambolina platinata, ma quel Klaus Barbie, comandante della Gestapo a Lione e non caso, per i suoi efferati delitti, il Boia di Lione. Ogni occasione è buona e purtroppo oggi il caso di Israele e la tragedia Ucraina sono utili per noi genitori per discutere con i nostri figli. Io per mia fortuna ho ascoltato i racconti da mio nonno della guerra di Libia e della Prima guerra mondiale e ho poi conosciuto altri reduci da quelle trincee. Lo stesso è stato per la Seconda guerra mondiale con familiari che erano stati soldati, partigiani, internati. Anche per questo ho sempre letto avidamente libri sulle guerre vecchie e nuove. Ne ho visto uno scenario in Bosnia Erzegovina nell’ultimo periodo della guerra dei Balcani. Ne ho ricavato la convinzione profonda di quanto male facciano le guerre, ma anche la certezza che in certi casi - duole dirlo - si sono combattute guerre dal lato giusto, come quella contro il nazi-fascismo o come quella degli ucraini contro i russi, per non dire del diritto all’esistenza del proprio Paese degli israeliani che certo non impugnano le armi per chissà quale divertimento. Cambio scenario. Proprio poche settimane fa è morto ad Aosta Michele Maurino, Maresciallo maggiore dei carabinieri, diventato dopo il congedo dall’Arma presidente dell'Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi di Guerra. Maurino si era distinto nel lavoro instancabile per riportare a casa i resti di militari valdostani uccisi in guerra e sepolti in terre lontane. Così è avvenuto, con cerimonia ieri al cimitero di Saint-Vincent, per il ritorno nel suo paese di origine - frutto del citato lavoro di ricerca - dell’alpino Giovanni Alessandro Déanoz, ucciso sul fronte albanese a Bozuchi Spadarit il 9 marzo 1941, a soli 21 anni. L’urna con le ceneri del soldato è stata tumulata nel cimitero di Saint-Vincent nella tomba di famiglia insieme alla mamma Maria Adele Thuegaz, straziata quando era viva dal fatto di non avere un luogo dove pregare per il figlio morto al fronte. Ebbene, questa vicenda dolorosa, simile a molte altre, conferma quanto sia più terribile la situazione di chi in una guerra ha avuto un parente risultato disperso. Straziante le vicende umane dei morti in guerra: si pensi al monumento ai caduti di Saint-Vincent, nella piazzetta centrale del paese, simile a monumenti che ci sono dappertutto in Valle. Quel lungo elenco di soldati morti rischia nel tempo un’oblio e persino un’incomprensione. Mi è capitato di spiegare a bambini giocosi che si arrampicano talvolta su quel monumento del significato che ha. Questo andrebbe fatto in modo analogo e approfondito ogni volta che una salma di un soldato torna a casa per capire il contesto. Déanoz è morto, come molti suoi commilitoni, in una guerra d’aggressione illogica e inutile, voluta da quel Benito Mussolini, che oggi qualcuno ancora esalta, distorcendo gravemente la realtà per ignoranza o stupidità. Per cui va bene rendere gli onori ai caduti, come faremo ritualmente all’inizio di Novembre, ma essendo andato perduto il filo dei ricordi dei protagonisti a suo tempo scevro da belletti reducistici resta, come dicevo, la Storia che va insegnata e spiegata bene. La ricostruzione minuziosa di certe vicende belliche sono un vaccino indispensabile per qualunque cittadino in una democrazia. Ecco perché anche le preghiere “militari” pronunciate in certe occasioni, senza turbare le tradizioni assodate, dovrebbero addolcire certi passaggi guerreschi e nazionalisti, almeno considerando il quadro nuovo dell’Unione europea.