Il Quirinale, inteso come istituzione, è una macchina complessa, com’è giusto che sia la Presidenza della Repubblica. Ancora ultimamente mi è capitato di andarci e c’ero stato molte volte da deputato, specie in occasione delle periodiche crisi di governo in Italia. All’epoca i parlamentari valdostani andavano dal Capo dello Stato da soli, deputato e senatore, con dignità di delegazione e non con il Gruppo Misto. Ma dicevo della complessità e della riconosciuta efficienza ancora più indispensabile in un’Italia dove molto spesso le istituzioni scricchiolano nella loro funzionalità e una certa lentezza avvolge tutto in una triste deriva. Si vede, e oggi Sergio Mattarella ne è interprete sobrio e lucido anche rispetto a certe sciatterie e ineleganze a Palazzo Chigi, anche dai discorsi ufficiali che lo staff presidenziale predispone per le cerimonie ufficiali. Sicuramente il Presidente ne ispira il tono e ne traccia le scelte, ma forma e contenuti diventano poi messaggi efficaci, che mi pare sempre di più si riallaccino alle vicende italiane in veste di correzioni di svarioni governativi. Leggevo con interesse alcuni passaggi dell’intervento all’Assemblea di Confindustria. Già sin dalla prima righe si capisce la logica contro certe polemiche e certi piagnistei: ”Se vi è qualcosa che una democrazia non può permettersi è di ispirare i propri comportamenti, quelli delle autorità, quelli dei cittadini, a sentimenti puramente congiunturali. Con il prevalere di inerzia ovvero di impulsi di ansia, di paura. Con due possibili errori: una reazione fatta di ripetizione ossessiva di argomenti secondo i quali, a fronte delle sfide che la vita ci presenta quotidianamente, basta denunziarle senza adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni. Quasi che i problemi possano risolversi da sé, senza l’impegno necessario ad affrontarli. Oppure - ancor peggio - cedere alle paure, quando non alla tentazione di cavalcarle, incentivando - anche contro i fatti - l’esasperazione delle percezioni suscitate”. Sono frasi che vanno lette con attenzione. Siamo ormai abituati ad un italiano semplificato e basico, per cui bisogna concentrarsi quando lo stile e la sostanza sono profondi. Più avanti invita a credere “nella forza delle istituzioni, nella solidità delle proprie imprese, nel valore dell’iniziativa e dell’innovazione nel mondo che cambia velocemente”. Lo fa il Presidente con una bella citazione: ”È il senso del messaggio che Luigi Einaudi - primo Presidente della Repubblica eletto - consegnava il 31 marzo del 1947, nelle Considerazioni finali da Governatore della Banca d’Italia, a poche settimane dall’assumere le funzioni di vice Presidente del Consiglio e Ministro del Bilancio del Governo De Gasperi. A proposito della situazione economica, Einaudi scriveva: “È necessario che gli italiani non credano di dover la salvezza a nessun altro fuorché se stessi”. Oggi diremmo: a noi stessi e agli altri popoli con i quali abbiamo deciso di raccoglierci nell’Unione Europea”. Mattarella non perde occasione per una frustata agli euroscettici all’amatriciana. E batte il chiodo con un’altra evocazione: ”Nel discorso con cui Franklin Delano Roosevelt inaugurò la sua presidenza degli Stati Uniti - giusto novant’anni fa - utilizzò una locuzione divenuta, giustamente, famosa, che calza a proposito: “la sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa, l’irragionevole e ingiustificato terrore senza nome che paralizza gli sforzi necessari a convertire la ritirata in progresso”. Si era nell’ambito della Grande depressione economica del 1929 e si fu capaci di passare al New Deal, al “nuovo patto” che vide gli Stati Uniti affrontare i drammatici problemi economici e occupazionali che li avevano devastati, assumendo la leadership del mondo libero”. E poi un passaggio da capire, specie laddove dice: ”Qual è un principio fondamentale della democrazia? Evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti. Vale per le istituzioni. Vale per le imprese, a proposito delle quali possiamo parlare di concorrenza all’interno di un mercato libero”. Chissà forse sono solo io che intravvedo - in un discorso che poi sia amplia a considerazioni che consiglio di legge sulla parte della Costituzione dedicata all’economia e ai diritti di lavoratori e imprese - un ammonimento nelle confronti della crescente ondata che indica nel premierato e nel presidenzialismo la panacea contro tutti i mali italiani.