L’atto di "seppellire l'ascia di guerra" era un rituale praticato da alcune tribù di nativi americani, che noi chiamiamo, sbagliando, in due modi. Uno è “pellerossa”, espressione coniata dal navigatore Giovanni Caboto nel 1497, per indicare le popolazioni di Terranova, che si dipingevano il volto e il corpo di rosso. Questa parola venne estesa - diventando espressione proverbiale - a tutti gli indigeni dell'America Settentrionale. C’è poi la parola “indiani”, che risale invece a Cristoforo Colombo e alle sue scoperte, derivata dall’errata corrige convinzione del grande navigatore di aver raggiunto le coste dell'India L'idea di seppellire l'ascia di guerra - torno al punto - era espressione simbolica e rappresentava la fine di un conflitto o di un periodo di guerre tra tribù. Era un gesto di pace e di riconciliazione, una dimostrazione di impegno per porre fine agli scontri e vivere in armonia. Ci pensavo rispetto alle divisioni e alle separazioni patire nell’area politica autonomista e di cui altri hanno goduto. Vale sempre, in diverse epoche, per i valdostani il rischio dei dissidi interni. Viene in mente il motto latino “divide et impera” (dividi e conquista) con cui si vuole significare di come la divisione, la rivalità, la discordia in seno ai popoli giovino ovviamente solo a chi voglia dominarli. Siamo vicini ormai ad una soluzione e l’ultima parte del cammino è sempre la più difficile. Bisogna non distrarsi perdendo la meta e diffidare di chi indica percorsi sbagliati con logica da guastatori e lo fa con la solita e ormai grottesca logica divisiva. Ma soprattutto, come da incipit, bisogna isolare chi l’ascia di guerra, per sue ragioni, la vuole tenere e brandire. L'unità è da considerarsi una fonte di forza significativa. Quando le persone si uniscono verso un obiettivo comune, possono superare sfide difficili, raggiungere risultati più significativi e creare cambiamenti positivi. L'unità può fornire supporto reciproco, incoraggiamento e solidarietà, e può aiutare a costruire relazioni più solide e durature. Resto convinto della forza dell’unità. Se gli autonomisti si uniranno, metteranno assieme le loro abilità, le risorse, le energie, per affrontare meglio le sfide, superando le divisioni e lavorando insieme per il bene comune. Si può essere uniti con diversità di opinioni, cercando punti di equilibrio nelle decisioni da assumere attraverso la comprensione reciproca e il rispetto come regola statuita e ben chiara. In fondo non è niente altro che la democrazia.