Non sono stato e mai avrei potuto essere un berlusconiano. Lo dico senza nessun intento malevolo, ma ritenendo che la mia formazione sia molto distante da certe posizioni del Cavaliere. Tuttavia, ho persone che stimo che quando il Cavaliere scese in campo furono folgorati dalla sua apparizione nell’agone politico e i successi elettorali lo premiarono. Alcuni di loro successivamente hanno preso altre strade e c’è persino chi invece - in Valle d’Aosta e direi tardivamente - è diventato berlusconiano in quest’epoca di tramonto del ruolo politico del Silvio nazionale. Perché dico tramonto? Perché esiste una dura legge umana che non comporta eccezioni, perché avviene per natura un declino fisico che ci accompagna più o meno lentamente sino all’ineluttabile destino. Non è facile staccare la spina per chi ami la politica e penso non sia solo un problema anagrafico, quando ricordo un mio collega Senatore, César Dujany, che, all’approssimarsi dei cent’anni, analizzava ancora con lucidità molti aspetti della politica in cui aveva vissuto da sempre e lo faceva, tuttavia, come grande saggio, ormai al di sopra di certe miserie con cui in politica tocca avere a che fare. Ci pensavo, con partecipazione umana e nessun crudele sfottò, guardando il recente video del leader di Forza Italia, classe 1936, in cui è comparso in immagini struggenti con un volto pesantemente truccato e difficoltà di parola dolorosa per un oratore capace come lui. Un mago vero e proprio nell’empatia televisiva, che era elemento cardine del suo indubbio carisma, essendo stato per altro l’uomo della Televisione che spezzò il vecchio monopolio Rai, marchiando di fatto cultura e costumi di parecchie generazioni. Capisco la generosità dello sforzo per una persona che non vuole cedere alla vecchiaia e anche la necessità per il suo partito di sfruttarne fino all’ultimo quella sua capacità di presentare le proprie ragioni, come ha fatto con successo molte volte negli ultimi trent’anni. Questa volta, però, non si può nascondere la verità ed perciò normale provare pietas per questo vecchio combattente che pare non rassegnarsi al fatto che esista un “the end” anche in politica. Anche se forse il Cavaliere, come capitò a Molière recitando una sua commedia (paradossalmente “Il malato immaginario”), vorrebbe davvero morire sulla scena di fronte al pubblico, cui ha sempre guardato - a favore di telecamere - nella sua vita densa di vicende e non solo di cronaca politica o di cronaca rosa… Incontrammo, assieme al già citato Dujany, Berlusconi candidato Presidente del Consiglio nel 1994, io avevo 35 anni, César 74 e il nostro interlocutore 58. Era un uomo pieno di vita e svelto nelle interlocuzioni. Ascoltò abbastanza distrattamente le nostre ragioni ed era visibile come il suo approccio alle Istituzioni fosse piuttosto acerbo ma decisionista. Poi, con sali e scendi, Berlusconi è rimasto protagonista negli anni successivi e lo incontrai in diverse occasioni, ma mai da soli in un faccia a faccia. È stato nel tempo molto demonizzato e di sicuro la Magistratura non è mai stata tenera con lui. Oggi, a conti fatti, devo dire con onestà che nei rapporti istituzionali, quando ci ebbi a che fare, si dimostrò corretto, talvolta anche più di chi lo dipingeva come una bestia nera. Questo non per minimizzare errori gravi, svarioni diplomatici, un superego che certo non lo aiutava, conflitti di interesse in materie delicate e certi cascami del berlusconismo. Ma, mi ripeto, bisogna rendere l’onore delle armi a chi comunque - anche se certi passaggi forse un giorno ci diranno di più di lui e delle sue fortune - è stato un protagonista della politica italiana. La sua uscita di scena, anche per questo, dovrebbe essere serena e dignitosa, evitando che il suo entourage lo trasformi - magari con la sua scelta indefessa di non mollare - in una specie di caricatura dell’uomo che fu.