L’argomento è uno di quelli che fanno tremare i polsi e che non si risolve con gli opposti estremismi. Nel caso specifico ciò vale fra chi aprirebbe le frontiere senza alcun limite e chi le sbarrerebbe. Mi riferisco, infatti, alla delicata e controversa questione dei migranti, balzata in prima pagina per la strage di Crotone e la drammaticità di quegli eventi. Il copione è stato il solito: scafisti senza scrupoli, di certo inquadrati in organizzazioni criminali che gestiscono questa vera e propria tratta, che caricano a caro prezzo disperati che sognano l’Europa su imbarcazioni improbabili e pericolose. Se raggiungo le coste d’Italia è buon per loro e lo stesso capita se vengono trasferiti su navi sicure, quando sono salvati da soccorritori militari o ONG. Un meccanismo in sostanza delinquenziale anche quando a lieto fine, retto da vere e proprie mafie, che può invece sfociare, come avvenuto in Calabria, in una strage, che giustamente ci addolora e ci commuove, mentre in porti del bacino del Mediterraneo altri migranti sono anch’essi pronti a salpare, sfidando il destino. Ricordo che molti di loro fuggono da Stati con regimi liberticidi e avranno diritto allo stato di rifugiato grazie all’ottenimento dell’asilo politico, altri - e non sono pochi - sono invece migranti economici, che cercano nell’Occidente un’occasione per fuggire condizioni di una disperata povertà senza prospettive. Insomma: un flusso privo di alcuna regia e in condizioni di evidente pericolosità, compreso il fatto che ad emigrare verso l’Europa ci possono essere anche potenziali terroristi e avanzi di galera. Cambiamo scenario per essere realisti. La denatalità, che pesa sull’Europa con punte inquietanti anche nella nostra Valle d’Aosta, ci obbliga a ragionare (e per la nostra Regione lo abbiamo fatto) su quale evoluzione demografica avremo e sulle sue conseguenze sulla nostra vita sociale e sulla nostra economia. Pur invertendo - se mai ci riuscissimo - questo crollo delle nascite, tra pochi decenni avremo molti settori in crisi e già lo vediamo per professioni cardine nel settore sanitario con medici e infermieri o per l’assistenza agli anziani di cui crescerà il numero. Semplici esempi di crisi di capitale umano che potrebbero moltiplicarsi. Ora, questo significa che l’accoglienza di migranti non può essere affidata al caso e solo sul filo della comprensibile disperazione di chi fugge, perché perseguitato o perché afflitto dalla povertà. In Italia e in Europa, se da una parte bisogna lavorare per collaborare con i Paesi da cui si fugge per il loro sviluppo e affinché - lo scrivo senza illudermi - elementi di democrazia e di libertà di affermino, dall’altra bisogna avere una politica di accoglienza che garantisca equilibri demografici. Una scelta realista e non egoistica se dall’altra parte della bilancia - in un rapporto in cui entrambe le parti (banalmente noi e loro) ottengano un risultato positivo - questo significa nuove prospettive di vita per famiglie che scelgano - come avvenuto tante volte nella storia dell’umanità - di emigrare per avere speranze e nuove prospettive per i propri figli. Facile a dirsi, difficile a farsi in un mix complesso di politica internazionale e nel nostro caso di un ruolo dell’Europa e dei singoli Stati, la cui capacità fattuale ricade poi sul reticolo delle comunità locali e dunque della politica di prossimità. Quest’ultima chiamata a gestire la questione non banale dell’accoglienza e soprattutto dell’integrazione senza la quale è facile che xenofobia e persino razzismo guastino la necessaria convivenza con torti e incomprensioni degli uni e degli altri. Personalmente ritengo proprio questa storia dell’integrazione la questione capitale, perché non si possono concepire società separate e presenza di comunità di migranti che vivano senza rispettare diritti e doveri scritti nelle nostre Costituzioni. Resta il fatto ineluttabile che la migrazione è un delicato meccanismo di pro e di contro dal forte impatto sociale e trovare un equilibrio spetta a meccanismi politici e amministrativi, che non possono essere affidati al caso o alle reti internazionali di malavitosi che speculano sulla disperazione. E bisogna sgomberare il campo per non essere ipocriti pure da chi, anche in Italia, ha creato - come dimostrato da molte inchieste - veri e propri business lucrativi sulla pelle dei migranti.