Il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica è un classico, pur non essendo statuito in nessun modo. Il primo lo pronunciò via radio nel 1949 Luigi Einaudi e fu molto breve. Nel tempo, come ha scritto Openpolis in uno studio comparativo fra i discorsi dei Presidenti che si sono succeduti, alcune cose si sono evolute: “Mentre i discorsi diventavano man mano più lunghi, la loro struttura andava semplificandosi, sia nella lunghezza delle frasi sia nel linguaggio. Se il primo discorso di Einaudi iniziava con «Nel rigoglio di intimi affetti suscitato da questa trasmissione […]» il discorso di Scalfaro del 1992 apriva con un molto più informale «Buona sera a tutti, Buon anno!»”. Certo ogni Presidente ha aggiunto elementi derivanti dalla propria personalità e anche dalla capacità di “bucare” il video, visto l’avvento della Televisione. Mentre in Paesi dove vige il presidenzialismo (pensiamo alla Francia) il ricorso a discorsi alla Nazione sono consueti per i Capi di Stato, gli inquilini del Quirinale hanno usato questa modalità di rapporto diretto solo alla fine di ogni anno o in casi eccezionali. In questo momento complesso, il Presidente Sergio Mattarella, con il suo eloquio tranquillo e rassicurante (ma l’uso di un gobbo elettronico lo rendeva assai ingessato), non è stato banale e vorrei citare i passaggi che più mi hanno colpito. Il primo: “Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari. Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare. Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori. La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità. Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte. La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese. È questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica. Questo corrisponde allo spirito della Costituzione. Domani, primo gennaio, sarà il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore. La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio”. Il secondo: “Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze”. Il terzo: “Dal Covid - purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare. Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone. Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive”. Il quarto: “So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno. La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precarietà. Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà. La povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata. Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne - creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza”. “Zone interne”, per capirci, è la definizione, purtroppo brutta, che comprende in particolare le zone di montagna. Seguono il riconoscimento della Repubblica delle autonomie, il ruolo del l’associazionismo, il ruolo della famiglia e un passaggio successivo ha colpito nel Paese delle me azione fiscale: “La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune”. Detto dei problemi del lavoro, dello studio, dell’economia, dell’innovazione, dell’Europa e altro ancora, il Presidente ha così concluso dall’alto dei suoi 81 anni: “non Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani. Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere rimossa. La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio. Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica. L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. (…) . L’uso delle tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione. La quantità e la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società. Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini. Il terzo grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica”. Molti temi, tante sollecitazioni e anche speranze, specie laddove si è rivolto direttamente ai giovani. Un discorso serio in un tempo di troppi bla bla.