Con mio fratello Alberto sapevamo bene che mia mamma, purtroppo non più autosufficiente e ricoverata in una struttura, non sarebbe più riuscita a tornare nella casa di famiglia, dove noi stessi siamo cresciuti. Eppure la casa l’abbiamo lasciata così senza toccare nulla e solo ora che lei ci ha lasciati dovremo occuparcene, come può avvenire in certi punto e capo che propone la vita. Avevo a suo tempo messo da parte un articolo di Antonio Polito sul Corriere nel quale mi ero del tutto immedesimato e da oggi vivrò quei medesimi sentimenti. Così Polito: “Chi ci è passato sa che è un’esperienza che segna: come spingere il tasto fast rewind e riavvolgere il nastro della tua vita. Chiudere la casa dei genitori che non ci sono più. Svuotarla dei mobili e degli oggetti. Scegliere quale tenere e quale no delle mille cose che hanno accompagnato le giornate della tua infanzia, i fermenti della tua adolescenza, e che avevi lasciato dietro di te quando te ne sei andato, pensando di non rivederle mai più”. Così in questi mesi in cui mamma era via, destinata a un crescente oblio con una sorta di commovente ritorno alla sua infanzia e a fantasie che intenerivano, ho vissuto - passando in casa - la sensazione viva di ritrovare oggetti evocatori di mille storie di vita vissuta. Mia mamma non buttava nulla e più invecchiava è più accumulava. Esiste lì qualcosa di più di un genius loci, ma cose che sono come penati. Racconta - ed è interessante - lo stesso Polito: “C’è invece una pratica in Svezia che ho sempre trovato molto civile e che chiamano dostadning: consiste nel «fare le pulizie della morte» prima del tempo, appena si va in pensione, per liberarsi del superfluo e scegliere l’essenziale, e così risparmiare ai figli, quando sarà il momento, la fatica fisica e psicologica che sto facendo io adesso. Si vede che i miei genitori non la conoscevano. Ma credo che in quel loro accumulare senza fine ci fosse qualcosa di più dell’ignoranza di stili di vita più sobri e nordici, e cioè un molto mediterraneo concetto di focolare, che attribuisce alla casa un valore diverso dalla sua semplice funzione abitativa”. Così è anche per noi che viviamo sulle Alpi. Ma alla fine Politico conclude con un’osservazione che mi colpisce: “Forse bisogna lasciare ai figli questo compito, quasi un rito di passaggio: si diventa davvero adulti solo quando si chiude la casa del padre”. Aggiungerei…e della madre, pensando a loro, i miei genitori: la coppia che mi ha amato ed è stata anche fiera di me. Più invecchi e più ne sei consapevole.