Non sopporto più le polemiche politiche inutili, quelle che ascolto nel dibattito politico italiano su questioni alla fine futili e ripetitive e mi innervosiscono quelle che subisco talvolta nel mio lavoro in politica, quando parte dell’opposizione è inutilmente aggressiva nel metodo in un gioco delle parti che diventa svilente e non arricchente anche nel merito. Pensavo al can can nato attorno a due termini aggiunti alla definizione dei Ministeri nella composizione del Governo Meloni. Il primo è “Sovranità alimentare” aggiunto all’Agricoltura, il secondo è “Merito” appiccicato a Istruzione. Apriti cielo: l’etichettatura ha indignati una parte della Sinistra, che pare farsi incendiaria prima di pensare. Sulla prima questione - come ben spiegato da Alessandro Trocino sul Corriere - siamo di fronte ad una ricopiatura, avendo Romanha guardato a Parigi: “Anche i francesi hanno dato lo stesso nome a un ministero: Souveraineté alimentaire. Certo, dalle parti di Macron non sono estremisti di sinistra, ma neanche post-fascisti, come i francesi amano definire Fratelli d’Italia”. Poi aggiunge: “Questa locuzione è stata usata per la prima volta nel 1996 al summit mondiale per l’alimentazione da Via Campesina, che riunisce 182 organizzazioni di contadini di 81 Paesi, per contestare il Wto, appena nato. L’idea era quella di proporre un’alternativa alla liberalizzazione del commercio agricolo e all’industrializzazione dell’agricoltura e dell’alimentazione. Quello contro cui si combatte è la mondializzazione (o globalizzazione) delle politiche agricole. Il modello contestato è quello degli scambi internazionali che grazie all’economia di scala riducono i costi ma tolgono sovranità e soldi ai contadini e alle organizzazioni locali, per favorire le multinazionali agroalimentari”. E ancora: “C’è anche una definizione specifica data da Via Campesina della sovranità alimentare: «Il diritto delle persone a produrre in maniera autonoma alimenti sani, nutrienti, adatti al clima e alla cultura, utilizzando risorse locale e con strumenti ecologici, principalmente per rispondere ai bisogni alimentari locali e delle loro comunità» “. Chiosa Michele Serra su Repubblica: “Capitasse, dunque, che la destra scippasse alla sinistra, magari storpiandolo in chiave nazionalista, il concetto di sovranità alimentare, la colpa sarebbe soprattutto della derubata. Molto distratta”. Sulla questione del merito è, sempre da Sinistra, Pietro Ichino a sgonfiare il caso: “La scuola non può essere fattore di uguaglianza sociale se non impara a valutare e premiare il merito molto più di quanto non lo faccia oggi. Più in generale, è l'intera amministrazione pubblica che ha bisogno di questa rivalutazione del merito al proprio interno; e la sinistra dovrebbe far proprio questo obiettivo perché di un'amministrazione che funziona bene hanno bisogno soprattutto i più deboli e i più poveri”. E sempre sulla scuola: “Potenziare l'istruzione pubblica significa, certo, investire di più sull'edilizia e le attrezzature didattiche; ma significa soprattutto investire sul miglioramento della qualità dell'insegnamento, cioè sulla capacità e l'impegno degli insegnanti. Questo implica non solo una formazione migliore di questi ultimi, ma anche inviarli a insegnare dove occorre e non dove fa comodo a loro. Implica far sì che la struttura scolastica sia capace di valutarne la prestazione per poter retribuire meglio i più bravi e allontanare dalle cattedre quelli che non conoscono la materia affidata loro, o non sanno insegnarla, o più semplicemente non hanno voglia di farlo. E per valutare gli insegnanti occorre anche rilevare capillarmente l'opinione espressa su di loro dalle famiglie e dagli studenti. In altre parole, potenziare la scuola significa mettere al centro il diritto degli studenti, in particolare dei meno dotati, di quelli che non hanno alle spalle una famiglia colta. Nella scuola pubblica italiana tutto questo finora non si è fatto, perché vi si oppongono i sindacati degli insegnanti”. Ancora più ruvido quest’oggi sul Corriere Angelo Panebianco: “Le alzate di scudo preventive contro il merito, sono spiegabilissime. Perché chi volesse davvero affrontare questo problema dovrebbe occuparsi anche della qualità dell’insegnamento. Ossia, degli insegnanti. Per esempio, dovrebbe creare carriere su basi meritocratiche. Un tentativo in questa direzione lo fece tanti anni fa il ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer. Venne subito fermato dalla dura reazione della Cgil-scuola. Auguri al ministro competente se vorrà mettere le mani dentro quella tagliola”. Aggiungo solo che - in una scuola che dev’essere attenta ad ogni alunno in difficoltà o in ritardo - bisogna evitare per contro che il meritevole non abbia gli strumenti per esprimersi al meglio ed è bene ricordarlo per evitare polemiche superficiali.