Verrès è il paese dove sono cresciuto. Non ci sono nato perché a partire dalla metà degli anni Cinquanta (io sono del 1958) le nascite in casa con l’ostetrica scemarono a vantaggio della Maternità di Aosta o, per qualche tempo, anche di Ivrea. Questo mio paese della Bassa Valle con i suoi 2500 abitanti è noto per il castello-fortezza (sede dal dopoguerra del Carnevale storico) e per il complesso della Collegiata e come porta d’accesso della Val d’Ayas. La popolazione ha un senso di comunità, per quanto - in particolare per la vocazione industriale di un tempo - composta da famiglie di varia provenienza (più di 30 nazionalità diverse) che si sono integrate, tranne qualche eccezione e con qualche inquietudine per i seconda generazione, con i verrezziesi originari del luogo. Un simbolo di questo è il coro maschile che ha un repertorio che spazia nel mondo senza dimenticare l’ancoraggio con le tradizioni. Tratto distintivo di questi anni il fatto che con la ristrutturazione di un cotonificio dismesso esiste oggi un polo scolastico di scuole Superiori con un migliaio di studenti, che hanno ringiovanito un paese che soffre come tutta la Valle d’Aosta di un’acuta crisi demografica. Visto che oggi va di moda il termine lo potremmo definire un bel borgo con una vita di paese simile a molti altri. Il giovane sindaco, Alessandro Giovenzi, che è anche il mio segretario, è un amministratore capace che ha dato una svolta importante alla cittadina. Quadro quieto, ma proprio il sindaco si trova nelle mani un rovello che pare irrisolvibile. Esistono ragazzi e in certi casi ragazzini che si sono aggregati in una logica da banda e da anni, purtroppo facendo tendenza e anche proselitismo, si dedicano ad atti vandalici e pure a forme di bullismo, spingendosi ormai verso la delinquenza giovanile. Lo dimostrerà a breve un primo passaggio in Tribunale di alcuni di loro. Ultimo episodio poche sere fa. Dopo una festa di coscritti (sciaguratamente pubblicizzata anche con un’esaltazione di consumo degli alcolici) hanno divelto a Verrès parte di un impianto elettrico, cercato di bruciare le telecamere e sparso bottiglie rotte per tutto il paese Che fare? Al capezzale del Comune arrivò in passato il Tribunale dei minori di Torino, ma par di capire che - a differenza di altri Paesi europei - in Italia le armi penali per reagire a situazioni di questo genere siano piuttosto spuntate. Si sa che i Carabinieri stanno sviluppando azioni investigative che si immagina daranno nuovi frutti, sperando che poi la Magistratura non sia di manica larga. Ci sono genitori che reagiscono in modo collaborativo, ma troppi - con una tendenza che stupisce chi ha avuto educazione come la mia - dimostrano di essere giustificativi con il comportamento dei propri figli e pronti a mettere mano al portafoglio per risarcire, come se quello fosse il solo problema e non risultino invece problemi educativi e comportamentali. Spiace molto che questo avvenga. Come Regione organizziamo a beneficio di studenti e insegnanti, ma anche delle famiglie, incontri mirati su legalità e cittadinanza, che offrono informazioni e strumenti utili. Purtroppo non si riesce a raggiungere tutti e lo spirito imitativo alimentato da cattive compagnie fa uscire dai binari la comprensibile esuberanza giovanile senza che ci si renda conto quanto poco ci si metta a passare da ragazzate a reati.