Certo anche io sono stato colpito dalla morte della Regina Elisabetta, che era già lì quando sono nato e di cui ho letto le gesta per tutta la vita sino all’apoteosi dei film e della serie televisiva a lei dedicata con tutti i dietro le quinte che l’hanno resa più umana. Ha fatto impressione la ricaduta per la sua scomparsa, che ha dominato per giorni l’informazione anche in Italia, rispondendo alle più varie curiosità del pubblico. Questo non significa giudicare - come io credo - che le monarchie non abbiano più senso. So bene che sopravvivono diverse monarchie, con poteri vari, anche nell'Unione europea. E' così nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Danimarca, in Lussemburgo, in Svezia. Ci sono poi, al di fuori dell'Unione, la Norvegia, il Liechtenstein, nel Principato di Monaco. In realtà sono dinosauri del passato in un quadro democratico e parlamentare. Ribadisco che l’Italia non avrebbe certo bisogno di ritornare alla monarchia e credo che a tifare per i Savoia - ammesso che meritino qualunque tipo di credibilità - sono appunto quattro gatti, rispettabili ma assolutamente minoritari. Abolito il limite costituzionale di rientro in Italia per gli eredi maschi, che facciano quello che vogliono e va bene che vadano in tournée alla ricerca di fans, ma questo non cambierà mai più la sostanza della loro fine. Per cui dissentire dalla loro valorizzazione è un diritto equivalente a chi invece li rivorrebbe sul trono con eredi ormai da avanspettacolo. Al Quirinale ormai ci sono i Presidenti della Repubblica ed i Savoia sono stati cancellati dagli italiani. Certo, gli errori irreparabili non mutano la Storia Patria più antica su cui si può essere più benevoli per certe personalità chiave del passato più remoto o ad esempio nelle vicende risorgimentali, ma l'epilogo resta irreversibile per chi rivendica, con una sorta di seduta spiritica, il risorgere dalle proprie ceneri della monarchia. Sulla situazione della monarchia inglese leggevo Kenan Malik, The Observer su Internazionale. Così scrive: “Re Carlo III. Quando un sovrano muore, un altro prende subito il suo posto. È una transizione automatica, considerata da molti necessaria e rassicurante, perché contribuisce a sostenere il mito secondo cui i re e le regine passano, ma l’istituzione monarchica sopravvive. Per lo stesso identico motivo, però, l’automatismo della transizione è anche preoccupante. In momenti come questo i repubblicani sono di fronte a un dilemma. “Accogliamo con tristezza la notizia della morte della regina ed esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia reale”, ha scritto su Twitter l’organizzazione Republic, favorevole all’abolizione della monarchia nel Regno Unito. “Ci sarà tempo per discutere il futuro della monarchia, ma per ora dobbiamo rispettare il lutto della famiglia e permettere ai suoi componenti e ad altre persone di piangere la scomparsa di una madre, di una nonna e di una bisnonna”. Sono d’accordo con il tono del messaggio. Allo stesso tempo credo che sia sempre giusto, anche in una situazione come questa, riflettere e interrogarsi, pur rispettando le circostanze”. E poi il punto essenziale del ragionamento su cui concordo: “Non è difficile capire il fascino di un ruolo simile, soprattutto se si pensa alla bassa considerazione in cui sono tenuti la politica e i politici. Ma la politica è il mezzo che permette alle persone comuni di partecipare al processo di governo. Di conseguenza insistere sulla necessità di un sovrano per diritto ereditario che si innalzi al di sopra della politica, incarnando la continuità e i princìpi morali del paese, significa ostacolare il processo di cambiamento democratico”. Per capirci: scozzesi, gallesi e irlandesi del Nord si sono inchinati di fronte alla Regina, ma cresce il loro il desiderio di libertà.