Chissà quale meccanismo mentale spinge molte, troppe persone a rimpiangere i dittatori o a sperare di finire nelle grinfie di quelli nuovi. Ammoniva Charlie Chaplin ne “Il grande dittatore”: “Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!” Il caso italiano riguarda quel fenomeno complesso, il famoso Ventennio, che imprigionò progressivamente l’Italia con Mussolini e la sua invenzione: il fascismo. Ci sono nostalgici che ne esaltano le prodezze, altri che stravolgono la realtà celebrando “le cose buone fatte” con elenchi facilmente smontabili, ma al fideismo non si comanda. Ma se pensiamo al nazismo e agli orrori di Hitler vediamo che ci sono simpatizzanti su tutti i Continenti, anch’essi esaltati a maggior o minor titolo a celebrare i fasti del regime totalitario noto come Terzo Reich. Sembrano poco importare le violenze e gli orrori, che renderebbero impossibile a qualunque essere pensante non solo esaltarne il ruolo, ma pensare solo per un momento a qualche forma di suo ripristino. Lo stesso vale per quell’utopia schiantatasi contro le realizzazioni fatte in suo nome, il comunismo nella forma del socialismo reale e in altre fattezze con regimi di differente gravità. Chi rimpiange a scelta Stalin, Mao, Castro, Pol Pot, Ceausescu e altri sembra vivere in una realtà parallela affondata nel più bieco fideismo. Eppure ci si accorge non nell’astratto ma nella quotidianità quanti siano coloro che s’inventano ragioni per esaltare i totalitarismi, dall’estrema destra all’estrema sinistra, uniti nel disprezzo verso la democrazia e i suoi meccanismi definiti deboli e lassi. Osservava Karl Popper con una semplicità disarmante: “Il nostro mondo, il mondo delle democrazie occidentali, non è certamente il migliore di tutti i mondi pensabili o logicamente possibili, ma è tuttavia il migliore di tutti i mondi politici della cui esistenza storica siamo a conoscenza”. Ma pensando all’astensionismo e al progressivo indebolimento dei partiti viene in mente quanto scritto da Erich Fromm: “La democrazia può resistere alla minaccia autoritaria soltanto a patto che si trasformi, da “democrazia di spettatori passivi”, in “democrazia di partecipanti attivi”, nella quale cioè i problemi della comunità siano familiari al singolo e per lui importanti quanto le sue faccende private”. Il contrario appunto di quanto avviene in regimi dittatoriali, nei quali troppi si accomodano, coltivando quel sogno dell’uomo/donna “forte” che consente di pensare a qualcuno che aggiusta tutto con una bacchetta magica. Questa idea che - per chi ha pensieri autocratici - va a scalare dal presidenzialismo come possibile partenza sino alla dittatura vera e propria, mettendo assieme singolari alleanze e bizzarre affinità e finisce per creare quel terreno che fa assurgere al potere il peggio. A vacillare e a far cadere la democrazia ci si mette poco, vista anche la sua palese fragilizzazione in questo ventennio del secolo.