Barmasc, frazione di Ayas che si trova sotto lo Zerbion, è uno dei miei luoghi del cuore. Ci andavo da piccolo con i miei genitori, da cronista tv seguii le vicende di un matto barricatosi nel piccolo santuario, da deputato partecipai alla messa dell’Angelus celebrata lassù da Giovanni Paolo II, ci sono andato con i miei bambini e con tanti amici. Già in passato avevo notato in una baita solitaria in pietra una scritta che così diceva: “In questa casetta trascorse l’infanzia e l’adolescenza il pastorello Giuseppe Obert diventato pastore di anime nella lontana India”. L’ho rivista l’altro giorno questa placca, giunto lì durante una gita dal Col de Joux attraverso il suggestivo sentiero lungo lo straordinario Ru Courtod, un conale di epoca medioevale che porta l’acqua dal Monte Rosa per irrigare la collina di Saint-Vincent, dopo un percorso di 25 km. Il passaggio attraverso le molte gallerie scavate nella roccia è un’esperienza unica. Già a suo tempo mi ero ripromesso di saperne di più su questo prete di montagna finito in Asia e sono incappato sul Web su di un articolo di pochi mesi fa su Asianews a firma Sumon Corraya: che annuncia l’avvio del procedimento di beatificazione di Mons. Obert: “L'annuncio a Dinajpur nel cinquantesimo della morte del missionario del Pime che fu vescovo della diocesi e fondò un ordine locale di suore subito dopo la separazione dall'India. Una religiosa rimasta per 31 giorni priva di conoscenza a causa del Covid è guarita dopo la preghiera delle consorelle che hanno invocato l'intercessione del fondatore”. Intanto, come si è scoperto, oggi non bisogna parlare di India ma di Bangladesh e il giornalista così dettaglia: “Nel 50° anniversario della morte di p. Giuseppe Obert, misisonario del Pime che fu vescovo di Dinajpur dal 1949 al 1968, le suore catechiste del Cuore Immacolato di Maria Regina degli Angeli, conosciute in Bangladesh come le suore Shanti Rani da lui fondate, hanno annunciato l’intenzione di promuovere la sua causa di beatificazione. “Presto prenderemo l'iniziativa per aprire il processo canonico”, spiega la superiora generale dell’ordine, suor Beena S. Rozario. “Pensiamo che lui sia un santo. Dovremmo pregare la sua intercessione”, continua la superiora generale delle suore Shanti Rani, “Alcune persone hanno già ricevuto grazie attraverso di lui. Una delle nostre sorelle colpita gravemente dal coronavirus è stata priva di sensi per 31 giorni. I medici avevano detto che non sarebbe sopravvissuta, ma - con la nostra incessante preghiera al vescovo Obert - guarì. Pensiamo che sia un miracolo” “. Poi la spiegazione: “Nato nel 1890 a Lignod, nella regione montuosa italiana della Valle d’Aosta, p. Giuseppe partì per l’allora Bengala nel 1919. Nominato vescovo di Dinajpur nel 1949, 70 anni fondò l’ordine delle suore Shanti Rani quando a causa della separazione con l’India le suore non potevano può raggiungere questa zona per il lavoro pastorale. Il 3 ottobre 1951 la congregazione locale nacque con cinque giovani donne locali, nell’ostello gestito dalle suore di Maria Bambina, accanto alla casa del vescovo. La prima madre e maestra delle novizie fu suor Enrichetta Motta, delle suore di Maria Bambina con p. Francesco Ghezzi, missionario del Pime come amministratore speciale. Nello stesso anno altre sei giovani donne di Krishonogor, nel Bengala occidentale, si unirono alle novizie; l’ordine venne poi fondato ufficialmente il 19 marzo 1952 e il 30 aprile 1953, le religiose emisero i primi voti come Shanti Rani Sisters. Oggi sono 164 e svolgono il loro ministero nell’educazione, nella salute e nella catechesi. Sei di loro sono oggi impegnate anche fuori dal Bangladesh come missionarie. “Fin dall'inizio, abbiamo insegnato ai catechisti e contribuito all’evangelizzazione nella parte settentrionale del Paese”, spiega suor Beena. “La nostra congregazione ha dato un enorme contributo in questo senso e l’obiettivo del vescovo Obert è stato raggiunto al 100%” conclude, ricordando una delle massime di p. Giuseppe: “Crescete in qualità, invece che di numero”. Gli insegnamenti e le virtù di mons. Obert sono ricordati anche da mons. Gervas Rozario, vescovo di Rajshahi e vicepresidente della Conferenza episcopale cattolica del Bangladesh, che ricorda di essere stato un suo chierichetto. “Non l'ho mai visto esprimere rabbia – racconta - ho sempre visto un dolce sorriso sul suo viso. Era un essere umano gentile. Ha predicato tra i tribali nella parte settentrionale del Bangladesh conducendo una vita come quella di Gesù Cristo”. Per questo Mons. Gervas prega di poter “essere gentile come lui e di predicare il messaggio di Dio con il sorriso sulle labbra” “. Una semplice iscrizione mi ha così portato lontano a incontrare questa personalità del passato diventato missionario, com’è avvenuto nel tempo per molti altri preti valdostani sparsi nel mondo, e chissà che non possa diventare Santo.