L’indifferenza è una brutta storia. Scriveva sul tema quella figura assai contraddittoria, che è stato Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. [...] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oggi non oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? [...] Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. La sua era certo una visione molto ideologica, come si ricostruisce dal suo percorso politico e anche dal dramma umano della prigionia, ma questa storia dell’indifferenza è fotografata in modo efficace. Lo vediamo rispetto a queste elezioni Politiche nel solco di tanti altri appuntamenti elettorali. È calato ormai un velo di stanchezza che rasenta lo scoramento sul sistema dei partiti a causa del lento allontanamento dei cittadini da queste organizzazioni politiche, alimentate ancora da pochi coraggiosi e senza finanziamenti che li aiutino. Ci troviamo ormai di fronte ad un vasto settore dell’opinione pubblica che snobba gli appuntamenti elettorali. Una scelta in fondo di continuità con il venir meno dell’impegno civile attraverso forme organizzate. Viene in mente il messaggio speranzoso, dopo un Ventennio fascista liberticida, contenuto nella vigente Costituzione all’articolo 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Testo breve è comprensibile. Scriveva il grande costituzionalista Costantino Mortati: “Il partito ha come fine specifico di elaborare una sua propria concezione politica, di raccogliere intorno ad essa il maggior numero di consensi popolari, di rendere operativa la concezione stessa nell’azione statale, o direttamente con l’immissione dei suoi aderenti nelle cariche pubbliche (allorchè riesca a raccogliere per sè nelle elezioni la maggioranza dei voti), o indirettamente, attraverso l’azione di critica o di opposizione all’azione del partito vincitore”. Naturalmente dove Mortati parla di “statale” si potrebbe dire che l’incidenza vale per tutti i livelli di governo, compresi meglio nel termine onnicomprensivo “Repubblica”. Ora le cose sono in Italia e direi nelle democrazie occidentali in grande movimento. Quel che colpisce è non solo il fenomeno ben misurabile del crescente astensionismo alle elezioni, che da fenomeno marginale e sotto controllo è diventato un problema endemico in costante progressione, ma esiste ancora più grave - anche per chi vota in ossequio ad un dovere morale ma non giuridico - il tema crescente dell’indifferenza. Le sue caratteristiche sono duplici. Da una parte l’abbandono del campo politico da parte di chi ha tutti gli strumenti di comprendonio per poter basare il proprio interesse su basi solide e consapevoli. Ma anche - secondo aspetto - si manifesta una crescente ignoranza verso elementari nozioni e conoscenze dei meccanismi democratici, che crea un distacco forse non più rimarginabile. Come uscirne? Questo resta un interrogativo sospeso e speriamo che la riappropriazione della democrazia non debba venire, come reazione, a fronte di svolte in qualche modo autoritarie.