Ah! La pigrìzia! Come tant’è parole viene anche questa dal latino - il cui studio sta ahimè declinando - pigritia, derivazione di piger «pigro» La Treccani è implacabile: “Il fatto d’esser pigro; la qualità, e quindi anche l’atteggiamento, il comportamento di chi è naturalmente pigro nell’agire, nell’operare, o anche soltanto nel muoversi: è noto per la sua pigrizia; a causa della sua pigrizia non riuscirà a fare nulla di buono; adocchia Colui che mostra sé più negligente Che se pigrizia fosse sua serocchia [cioè sua sorella] (Dante, con riferimento a Belacqua, un liutaio fiorentino, che sconta la sua pena tra gli spiriti negligenti nel 1° balzo del purgatorio)”. E poi ancora: “pigrizia mentale, pigrizia intellettuale, atteggiamento di torpore della mente che si mostra lenta o trascurata nella ricerca della verità e nell’arricchimento delle proprie conoscenze. Anche come comportamento di gruppi sociali, istituzioni, o intere popolazioni (per i quali si parla più spesso di indolenza, lentezza, e simili): la pigrizia della nostra burocrazia; una nazione che crede alla collaborazione delle classi, che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, è una nazione che vale poco (Gobetti)”. Infine: “Per estensione, e impropriamente., di animale che si mostri lento nel muoversi, nello spostarsi, nel camminare: la pigriza della lumaca, della tartaruga”. Dico subito che non so per quale gioco familiare, specie con i miei figli, questo “j’accuse” verso la pigrizia è stato contestato. “Fare pigrizia” è diventato un positivo momento di relax, vissuto assieme in qualche svago familiare basico E, invece, se leggi i sinonimi - alcuni per me dubbi - sprofondi: “abulia, apatia, fannullaggine, indolenza, inerzia, infingardaggine, neghittosità, pigrezza”. Il culmine sono accidia, e ignavia”. È proprio l’accidia, cari miei, è un vizio capitale, che descrive, facendo impressione, un torpore malinconico, l’inerzia nel vivere e - questo il punto - nel compiere opere di bene. Se cerchiamo una colpevolizzante definizione laica può spuntare Jules Renard che così inchioda: “Pigrizia: l’abitudine di riposarsi ancor prima di essere stanchi”. Fortuna che ci soccorre il mio amato etologo Konrad Lorenz: “Gli animali stessi sono così meravigliosamente pigri: all’animale è assolutamente estranea la folle smania di lavoro dell’uomo moderno, cui manca perfino il tempo di farsi una vera cultura. Anche le api e le formiche, queste personificazioni della solerzia, trascorrono la maggior parte della giornata immerse in un dolce far niente, solo che quelle ipocrite non si fanno vedere quando se ne stanno tranquillamente a casa, ma solo quando sono al lavoro”. Chi non ha vergogna della sua pigrizia, che cela l’animo felino da predatore, sono i miei amatissimi gatti, passione che non posso più coltivare con una moglie allergica al pelo di questo animale.