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17 apr 2022

Il veto e lo stallo

di Luciano Caveri

Ogni crisi politica assume in Valle d'Aosta caratteristiche tipiche di una piccola comunità. Questo significa che nell'ambiente ci si conosce gli uni con gli altri e chi accumula più anni - come avviene come con una "tessera punti" - finisce per conoscere meglio il passato e le caratteristiche degli interlocutori. Ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti e tutti hanno una visione di sé non sempre corrispondente a quel che gli altri pensano di te. Ogni tanto bisognerebbe essere una mosca e scoprire pregiudizi e retroscena che avvelenano le situazioni. In più ci sono colleghi giornalisti che si divertono molto in questo ruolo di guastatori. Alcuni in buona fede, altri «per vedere l'effetto che fa» attraverso l'uso del "retroscenismo", dove si mischiano realtà e fantasia, notizie vere e false, pensieri propri più che elementi circostanziati.

Avere buona memoria in politica è certamente utile, ma non credo che si debba mai troppo indulgere su quanto avvenne, tranne casi di preclara gravità, perché aggregazioni e disaggregazioni, amicizie e inimicizie, arsenico e vecchi merletti fanno parte della consorteria politica ed i panorami cambiano secondo le circostanze. Ho sempre pensato e praticato la necessità di avere rispetto reciproco, il che non vuol dire non sbottare quando necessario e usare l'impagabile arma dell'ironia. Certo ci sono stati dei fenomeni politici - penso al "grillismo" - che hanno inquinato l'ambiente con una "politica giudiziaria", il cui scopo non è mai stato la discussione anche feroce, ma il tentativo di demonizzare l'avversario trasformato sistematicamente in un nemico da abbattere in una scia di sangue. Violenza verbale che non giova mai a chi la pratica e che torna indietro prima o poi come un boomerang. Ne ho visti passare e sparire. Chi pratica la politica in prima linea si trova sempre in una situazione difficile quando è necessario trovare equilibri politici di governo. Bisogna rinvenire i punti in comune e smussare gli angoli quando ci sono argomenti su cui la si pensa in modo diverso. Spesso, per la presunta dote della scrittura, vengo ritenuto utile nel cooperare alla messa in bella di documenti e programmi, specie quando bisogna adoperare la logica della diplomazia, che esclude estremismi che sono divisivi per definizione. Difficile anche il rapporto con le "basi", cioè l'insieme sempre più risicato per tutti di iscritti e simpatizzanti. Quando ci si riunisce, avendo il quadro chiaro in testa dei diversi scenari, ci si rende conto - ma non si tratta null'altro che la democrazia - che bisogna avere sangue freddo nei confronti di chi semplifica le cose sulla base di ragionamenti più emotivi che razionali. Atteggiamento legittimo, ma non sempre costruttivo. Scegliere alleati di governo è un esercizio difficile, specie in Valle d'Aosta dove la rappresentanza è spezzettata e conta spesso l'esistenza di transfughi da un gruppo ad un altro. Per cui per garantire una maggioranza stabile e non ballerina bisogna fare sforzi di reciproco comprendonio. Ma provarci non è facile per quanto accumulatosi nel tempo e per i molti che usano l'arma letale nelle trattative: il diritto di veto. "Veto" è una parolina sbarramento, che significa "diniego assoluto" o anche - la sentiamo spesso riferita alle Nazioni Unite anche sull'Ucraina - la facoltà di respingere o bloccare una legge o un provvedimento. D'altra parte viene dal latino "vetō" e cioè "proibisco". Per cui questa politica dei veti incrociati, quasi sempre a furor di popolo, crea situazioni di stallo. Circostanza in cui, per capirci, gli aerei precipitano al suolo, perché non stanno più per aria.