Grandi e periodiche discussioni investono le democrazie, intese al plurale come le diverse modellistiche espressione della democrazia occidentale. Giustissimo farlo: personalmente mi ha sempre interessato saperne dì più e ho avuto la fortuna negli anni alla Camera di avere una partecipazione attiva in una stagione di riforme delle Istituzioni. In particolare, occupandomi del regionalismo, con riflessi anche sul nostro Statuto d'Autonomia valdostana con alcune significative modifiche costituzionali nel 1989, nel 1993 e nel 2001. E' un terreno fertile da coltivare, perché la forza dell'Autonomia passa attraverso un disegno giuridico che tutela e rafforza. In Europa questo mio interesse ha potuto allargarsi ad aspetti comparativi con gli altri Paesi dell'Unione ed è bene farlo perché la questione è nodale per chi crede nel federalismo e nella sussidiarietà come orizzonte finale.
Giorni fa, ma vale solo come esempio, ho partecipato in videoconferenza agli "Entretiens Albert-Kahn" (noto filantropo di origine alsaziana), invitato dal Conseil départemental des Hauts-de-Seine di Nanterre nella regione parigina dell'Île-de-France. Il tema era "Quelles perspectives pour une république décentralisée?". Sono stato incollato allo schermo per alcune ore in attesa del mio turno, avendo la conferma di come certi argomenti restino dì grande attualità. Nella parte più propriamente "interna" diversi esperti francesi si sono confrontati sul ruolo delle Autonomie locali o meglio sul futuro della democrazia di prossimità in una realtà francese che resta ancora fortemente statocentrica. Ma la foga dei diversi oratori ha confermato come il tema sia caldo in un periodo in cui la Francia si accinge alle elezioni presidenziali. Ecco perché mi hanno chiesto di intervenire: avevano bisogno - e ne sono stato onorato - di uno sguardo politico sull'evoluzione europea in corso del regionalismo. Quanto ho cercato di fare con approfondimenti senza retorica e chiarendo come il centralismo degli Stati e anche dell'Europa contrasti ancora con la valorizzazione necessaria dei territori attraverso la forza che bisogna dare ai sistemi delle autonomie locali. Un primo esempio, ma lo cito en passant, sarebbe dare reali poteri al Comitato europeo delle Regioni, dove sono da tanti anni. Certo le vicende dell'Ucraina non sono elementi distanti da questo dibattito e ne ho fatto cenno. Uno degli aspetti emersi, dopo la caduta del muro di Berlino e poi nel processo di ritorno alla democrazia dei Paesi ex comunisti dell'Est europeo fu la valorizzazione della dimensione regionale e comunale, essendo il comunismo un sistema centralistico per definizione. Nelle dichiarazioni propagandistiche lo si chiamava "socialismo reale", definizione che fu utilizzata, a partire dagli anni Settanta, per indicare il modello di organizzazione sociale dell'Unione Sovietica e delle cosiddette «democrazie popolari» dei Paesi dell'Europa orientale. Con la riunificazione della Germania, che all'Est ricostituì i Länder fra i primi atti di cambiamento, si avviò il processo di progressivo allargamento dell'Unione europea verso i Paesi Oltrecortina, che ha avuto fra i suoi presupposti per l'adesione anche una rinascita della democrazia locale. Ecco perché bisogna smetterla con distinguo e stupidaggini sulla guerra in Ucraina. Questo è un attacco all'integrazione europea in cui la questione della "NATO" è un pretesto. La vera minaccia per Vladimir Putin è la democrazia ai suoi confini e questo riguarda anche lo Stato centralista russo, ormai dittatura, dove in assenza ormai dì libertà fondamentali discutere di autonomie locali e del loro sviluppo fa sorridere amaramente. E l'idea di progressivamente "rimangiarsi" i Paesi confinanti la vera tentazione da stroncare. Intanto a resistere all'invasione russa e ad organizzare la Resistenza ci sono anche in Ucraina coraggiosi sindaci!