Il "negazionismo" è una corrente storica che ha avuto spesso pesanti risvolti politici. Non si limita a reinterpretare determinati fatti della storia in modo contrario a quello comunemente accettato dagli storici ("revisionismo"), ma si spinge fino a negare la realtà storica di alcune vicende. Si usa principalmente a proposito di avvenimenti legati al fascismo ed al nazismo. Il caso più clamoroso è chi ha scritto dell'Olocausto come un'invenzione. Ora il negazionismo si può nella sua essenza allargare con tranquillità alla frangia più estrema dei "no-vax" che ha negato la gravità del covid-19 ed ha rotto le scatole per tutta la pandemia. In questi giorni rispuntano con un'armata Brancaleone che nega, arrampicandosi sugli specchi, la gravità dell'aggressione russa all'Ucraina.
Ha scritto sul "Corriere" con la solita verve Beppe Severgnini: «Nei bar di provincia c'era un personaggio al quale eravamo affezionati. Il bastian contrario cronico. Qualcuno esprimeva un'opinione - spesso ovvia, tanto per dire qualcosa - e lui dissentiva. Paolo Rossi era un bravo attaccante? Lui sosteneva il contrario. Sandro Pertini un buon Presidente? Lui iniziava a elencare presidenti migliori. Il terrorismo era orribile? Lui partiva da Caino e Abele per spiegare che la violenza era sempre esistita. Volevamo bene al nostro bastian contrario. Faceva parte del paesaggio acustico, regalava una piacevole abitudine. Davanti al "bar Garibaldi", nel buio profumato dei dopocena d'estate, gli dicevano: "Bella serata, eh?". Lui s'incupiva: "le sere di novembre erano molto meglio"». Vero, anche da noi si adoperava questa espressione, che bollava il fessacchiotto di paese, lo stesso personaggio da bar che Umberto Eco segnalava come una protagonista del Web, che purtroppo è stato messo in condizione di esprimersi sui "social" senza la conseguenza sociale risolutiva dello sfottò degli altri paesani. Anzi riesce a fare blocco con quelli come lui. Severgnini aggiunge: «Ma adesso c'è la guerra, e il bastian contrario non fa più ridere. I suoi epigoni contemporanei sono usciti dal bar, hanno un telefono in mano e s'informano nei posti sbagliati. Davanti all'orrore di quanto sta accadendo in Ucraina - un'aggressione sanguinaria e prolungata nel cuore d'Europa - s'inventano pretesti, scovano giustificazioni, cercano attenuanti per il nuovo Stalin, propongono paragoni assurdi ("E allora la Nato, l'America, il Kosovo?"). Non si vergognano mai. Neppure il bombardamento di un ospedale pediatrico li ha fermati. Si sono bevuti la disinformazione russa - secondo cui si tratterebbe di una messa in scena ucraina - e hanno tirato diritto, sui "social" e nelle conversazioni. Soprattutto sui "social", perché pochi ormai perdono tempo con loro. Sono cattivi? Sono ingenui? Sono stupidi? Esibizionisti? Frustrati? Perché lo fanno? Le domande che ci facciamo sono queste. La mia sensazione è che i cattivi siano pochi, gli ingenui e gli stupidi numerosi, gli esibizionisti parecchi. Frustrati, quasi tutti. La ferocia con cui i neo-bastian contrari sostengono tesi palesemente assurde deriva da un'insoddisfazione profonda. L'evidenza e il buon senso contro cui si scagliano rappresentano la società da cui si sono sentiti bocciati, esclusi, delusi, incompresi. Se avete dubbi, andate a vedere cosa hanno scritto e detto queste persone negli ultimi cinque anni. Hanno inneggiato a "Brexit", esaltato Trump, negato il covid. Serve altro?». No non serve altro, se non che anche "bastian contrario" ha perso quel senso quasi affettuoso, simile a "cretino", il significato proprio del "crétin" francoprovenzale - dunque nell'area linguistica anche della Valle d'Aosta- era infatti "cristiano". Si riferiva ad una categoria di persone che destava una particolare commiserazione, ed erano vittime degli effetti di quello che modernamente chiamiamo "cretinismo". Si tratta di una deficienza mentale o fisica causata, il più delle volte, da problemi tiroidei per mancanza di iodio. Ricordo, a completamento, l'origine di "bastian contrario" attraverso l'Accademia della Crusca: «Nel 1918 Alfredo Panzini, nella terza edizione del suo "Dizionario moderno", cita l'espressione popolare e dialettale "Bastiàn contrari" come "detto di persona che contraddice per sistema" e, a partire dalla settima edizione (del 1935), integra: "Bastiàn cuntrari: popolare, detto nelle terre subalpine di persona che contraddice per sistema". "Fu in fatti un Bastiano Contrario, malfattore e morto impiccato - prosegue l'Accademia - il quale solamente in virtù del cognome diede origine al motto"». Più avanti si colloca «la nascita dell'espressione nell'Italia nord-occidentale, in particolar modo in Piemonte: lo suggeriscono anche i vocabolari del piemontese che registrano in modo pressoché costante l'espressione fin dagli inizi dell'Ottocento a fronte del silenzio riscontrato negli altri dizionari dialettali e di lingua; e lo confermano anche alcuni esempi dell'uso di bastiano citati da Bruno Migliorini nella sua monografia "Dal nome proprio al nome comune" (Genève, Olschki, 1927, p. 230). Ma "bastian contrario" (o "bastiancontrario") si è diffuso nell'italiano in modo così ampio da aver perso qualunque connotazione locale e da essere anzi sottoposto a vari tentativi di appropriazione regionale (…) Sull'identificazione del personaggio si sono fatte poi infinite ipotesi: c'è chi ha proposto il brigante sabaudo Bastian Contrario, che su incarico del Duca Carlo Emanuele di Savoia avrebbe condotto dal 1671 un'azione di disturbo nelle zone di confine con la Repubblica di Genova (un'ipotesi che valorizza l'origine piemontese)». In fondo questo scavare nelle origini dell'espressione cambia poco la sostanza della pericolosità della psicologia del negazionista, spesso iperattivo e costruttore di reti in cui convogliare la propria febbrile voglia di apparire brillantemente fuori dal coro, alimentando catene di disinformazione spacciate per una militanza coraggiosa e libertaria. Brutta storia che nulla ha a che fare appunto con quella libertà di espressione che usano come bandiera.