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08 feb 2022

Conversare

di Luciano Caveri

Conversare mi è sempre piaciuto e so bene quanto l'oralità sia una risorsa straordinaria. Basti pensare - lo dico per segnalarne la profondità - quanto la tradizione orale sia stata e resti ancora un indispensabile sistema di trasmissione e rielaborazione di quell'insieme vastissimo che è il patrimonio culturale. Non so se io possa definirmi un "chiacchierone", ma quel che è certo è che trovo che nella vita quanto sia utile questo legarci agli altri con l'uso della vocalità. Ciò è insito nella nostra umanità, frutto di quell'intelligenza di cui spesso sembriamo non renderci conto. Aleggia comunque e sempre un ammonimento di Totò tanto per far sorridere: «L'ignorante parla a vanvera, l'intelligente parla al momento opportuno, il saggio parla se interpellato, 'o fesso parla sempre».

Poi se si gioca con i sinonimi si trovano molte angolature: "parlare", "comunicare", "discorrere", "chiacchierare", "confabulare", "ragionare", "dialogare". Fate mente locale e ognuno sarà in grado di collegare a ciascun verbo momenti della propria vita. Personalmente mi è sempre piaciuto scoprire le persone attraverso l'uso della parola ed anche in politica l'uso della parola - lo dimostra il suo uso strumentale fatto dalle dittature - può essere buono o cattivo, esattamente come può essere un coltello affilato usato per tagliare o per uccidere. Ho avuto la possibilità di essere in Parlamento, che ha il significato primitivo di "parlare in pubblico". Colpisce molto a questo proposito Sigmund Freud - pensando a quanto la parola sia essenziale nella psicoanalisi - quando scrive: "Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l'insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l'oratore trascina l'uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente". Però - vogliamo dircelo con franchezza - qualcosa sta cambiando e non lo dico con intento moralistico. La diffusione crescente di telefoni e tablet ci stanno chiudendo in ricerche e anche in conversazioni remote e non più fisiche. Questo significa vedere compagnie di ragazzi che stanno assieme, ma in troppi sono chini sui loro apparati, essendo di fatto altrove. Ma questo non vale solo per giovani e giovanissimi, ma si espande ormai a tutte le età. Non si conversa in treno o in pullman, non si parla in una sala d'attesa, persino a cena vedi persone che non si guardano più in faccia ma sono immersi nel loro mondo digitale e questo in più riduce l'attenzione dal vivo e pure di fatto le nostre capacità cognitive. Non so con franchezza cosa si possa fare. Osservo con curiosità il fatto che "Facebook" abbia cominciato a perdere un numero enorme di iscritti. E' un trasferimento su altri "social" o emerge davvero una sorta di consapevolezza che un mondo virtuale schiaccia quello reale? Sono ottimista e l'emergere del diritto alla disconnessione nei contratti di lavoro - per evitare che il mondo digitale ci obblighi a lavorare h24 - è un segno forte di una ribellione che piano piano si estenderà al resto della vita sociale. Torneremo a vivere anche delle conversazioni guardandoci negli occhi?