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08 feb 2022

Dentro la società valdostana

di Luciano Caveri

Nel post votazione per il Quirinale si acuisce il male oscuro della politica italiana (e quella valdostana non fa eccezione): la crisi profonda delle organizzazioni politiche, intrise di infinite lotte intestine ed anche di salti improvvisi sullo scacchiere. Certo, c'è in primo piano l'evidente infedeltà di alcuni, che nel nostro caso ha visto prima entrare di frodo e poi schizzar via dal mondo autonomista persone che certo non inseguivano certi valori ma avevano solo scelto - il che resta legittimo - un posizionamento a proprio vantaggio. Si evidenzia, in senso più generale, che soprattutto mancano i collanti per stare assieme: si è sempre in una situazione fragile e senza una profondità di azione, mai necessaria come ora, quando il clima somiglia ad un dopoguerra. Senza la forza e la credibilità necessarie tutto si rallenta e questo non ci vuole affatto.

Se una volta, tra mille difficoltà, si cercavano - magari alla fine di tanti zigzag - le cose che univano, pur a costo di lotte sanguinose, oggi il fermento sempre presente crea una sorta di caos perenne e mancano all'orizzonte quei disegni ideali che fanno da motore a scelte condivise in comunità organizzate. Ribadisco come alla forma "partito" o "movimento" - la distinzione di fatto non c'è più - non si possa rinunciare. Lo dico ormai con sicurezza, dopo il fallimento di tutte le forme fluide, molte volte collegate alla storia infondata della "società civile" come alternativa alla politica organizzata. Nel caso valdostano a differenziare la situazione resta il caso singolare, che sembra resistere alle crescenti influenze che i media di vario genere generano anche in Valle dell'esistenza di un'area autonomista. Larga parte di questo schieramento deriva dalle comuni radici nell'Union Valdôtaine e dunque da una storia ormai antica, a sua volta originata da elementi identitari quantomeno millenari che alimentano il fuoco dell'autogoverno. Spesso mi sono sentito dire che tutto questo sia un mito autocostruito, come se le altre identità nazionali - compresa quella italiana - non seguissero lo stesso identico percorso culturale. In questi tempi complicati, in cui tutto sembra essere realizzato senza fondamenta solide, questa area autonomista va valorizzata e tenuta stretta, perché resta un'eccezione che è uno degli elementi della nostra Autonomia differenziata. Da tempo si discute, con avanzamenti e arretramenti, di prospettive di riunificazioni o di rafforzamento di quel gruppo di undici consiglieri del gruppo unionista e di quello che mette assieme MOUV' - VdAUNIE con Alliance Valdôtaine, che già lavorano proficuamente assieme da inizio Legislatura, seppellendo incomprensioni e personalismi. Un percorso utile non solo di sminamento di quanto di tossico si era accumulato in passato, ma dimostrazioni che su temi e problemi le visioni sono coincidenti. Questo significa, al di là delle questioni riguardanti Regione e Comuni e rappresentanze elettive, che bisogna con impegno tornare dentro la società valdostana con maggior convinzione per riaffermare le ragioni dell'Autonomia. Questo significa non solo politica propriamente detta, ma ribadire e rafforzare le ragioni identitarie che fondano la sopravvivenza stessa di una piccola Regione autonoma, i cui poteri e competenze possono essere sbriciolati se chi li deve difendere non aderisce e non difende le ragioni stesse della loro esistenza. Sembra talvolta l'oblio pericoloso descritto da Omero nell'Odissea con i Lotofagi, considerati gli antichi abitanti della Cirenaica, che si cibavano dei frutti di loto e vivevano nel loro torpore senza memoria.