Sergio Mattarella torna al Quirinale e rompe la situazione di impasse, accettando un ruolo di cui si era ben capito che avrebbe voluto fare a meno: ad ottant'anni è giusto che uno si goda il riposo. Però ci si era talmente attorcigliati nella inutilità di candidature nella smania di apparire dei diversi leader che cresceva - e nessuno, sia chiaro, ne esce davvero vincente - in attesa che il Parlamento in seduta comune con i delegati regionali desse un segnale, il nervosismo e persino la delusione dei cittadini. D'altra parte la pandemia e le sue conseguenze avrebbero preteso che già con anticipo rispetto al primo voto ci fosse stato un accordo fra gentiluomini. Invece ci si è baloccati per giorni ed alcuni hanno tempo e giocato con i fuochi fatui più degli altri.
Ora naturalmente sono tutti grandi sostenitori di Mattarella: i più ridicoli sono Giuseppe Conte leader azzoppato e i "pentastellati" che nel corso del mandato del Capo dello Stato si erano spinti a chiederne la messa in stato d'accusa. Ma anche Matteo Salvini è stato goffo mica da ridere con candidati caduti come soldatini di piombo ed un eccesso di protagonismo che non ha portato nulla. Anche Enrico Letta è stato contraddittorio e la sua linea pro "Cinque Stelle" appare sempre più un vaneggiamento. Giorgia Meloni è risultata inutile. Silvio Berlusconi un candidato meteora, finito in clinica, e lo dico persino con tristezza, per l'eccesso di stress. Matteo Renzi ha giostrato con abilità, ma restando una speranza inespressa. Mario Draghi resta, almeno per ora, a Palazzo Chigi, ma la voglia di Quirinale l'ha mostrata ed ha perso, e per lui ora inizia il difficile da qui alle Politiche, capendo anche quel che vuol fare dopo. Un guazzabuglio in cui Mattarella spicca per la sua signorilità, che io ben conosco e non farò più passare un settennato senza andare a trovarlo al Quirinale o almeno spero possa venire in visita in Valle. Lo abbraccerei volentieri per rievocare i bei momenti vissuti assieme alla Camera. Vorrei potergli dire che tocca a lui rimettere in ordine alcune regole, come una rinnovata centralità del Parlamento e uno stop all'eccesso di tecnocrazia del Governo Draghi, che umilia anche il regionalismo in cui certo il rinnovato Presidente crede, con un'attenzione ulteriore alle Autonomie speciali, il cui ruolo gli è certamente chiaro. Aggiungerei che l'europeismo senza sbavature di Mattarella è una garanzia, così come la sua visione sociale solida. La morte di suo fratello fra le sue braccia, ucciso dalla mafia, è una garanzia contro il cancro della criminalità organizzata, così come la sua onestà contro il malaffare. Certo, è un "grande vecchio", ma è un uomo che - da costituzionalista e politico integerrimo - conosce bene la Costituzione e può difenderla, così come conosce a fondo le Istituzioni repubblicane. Credo che tutti lo debbano ringraziare di questo suo sacrificio di un secondo mandato e diffidate seriamente dei troppi tripudi di chi era ben felice che uscisse di scena. Troppi ipocriti in giro. Lascio, infine, la parola al Presidente stesso e a un pensiero che più delle mie frasi offre il senso della sua visione: «I giovani si allontanano e perdono fiducia perché la politica, spesso, si inaridisce. Perde il legame con i suoi fini oppure perde il coraggio di indicarli chiaramente. La politica smarrisce il suo senso se non è orientata a grandi obiettivi per la umanità, se non è orientata alla giustizia, alla pace, alla lotta contro le esclusioni e contro le diseguaglianze. La politica diventa poca cosa se non è sospinta dalla speranza di un mondo sempre migliore. Anzi, dal desiderio di realizzarlo. E di consegnarlo a chi verrà dopo, a chi è giovane, a chi deve ancora nascere. La politica, deve saper affrontare i problemi reali, ha bisogno di concretezza».