Se ho imparato qualcosa nella mia esperienza parlamentare è l'importanza delle leggi. A questo servono le Assemblee, dal Parlamento al piccolo Consiglio regionale della Valle d'Aosta. Per carità, sono importanti anche dibattiti di indirizzo e programmatici, ma quando l'agone parlamentare diventa principalmente luogo di discussione su interrogazioni ed interpellanze ed il sindacato ispettivo si trasforma in terreno per logiche "giudiziarie", allora si è perso il senso della missione centrale del lavoro parlamentare. Tuttavia le leggi devono essere realmente utili e soprattutto comprensibili. Vale sempre l'ammonimento di Montesquieu: «Les lois inutiles affaiblissent les lois nécessaires».
Il dibattito di queste ore sull'abuso del Governo Draghi della decretazione d'urgenza con un Parlamento svuotato dall'apposizione della fiducia è sacrosanto, come lo è - purtroppo sempre in continuità con un degrado del processo legislativo - la scrittura bizantina e barbarica delle norme, che diventano incomprensibili con continui rinvii ad atti successivi. La "Gazzetta Ufficiale" viene trasformata con certi provvedimenti nelle sciarade della "Settimana Enigmistica". Lo ha ricordato in questi giorni il vecchio giurista Sabino Cassese sul "Corriere": «L'anno è terminato con un fuoco d'artificio finale: il decreto legge soprannominato "Milleproroghe", del 23 dicembre, ha 111 commi; la legge di Bilancio, del 30 dicembre, ne ha 1.124; è stato calcolato che il sessantasettesimo governo della Repubblica abbia posto 35 volte la fiducia, una media superiore a tre al mese, per ottenere una più sollecita approvazione parlamentare dei propri disegni di legge o decreti legge». Sulla pandemia siamo al caos: «Chi vada sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri potrà leggere che i provvedimenti, di diversa natura giuridica, attualmente vigenti, approvati dal Governo in seguito all'emergenza sanitaria nazionale sono diligentemente elencati e ammontano a 37. Nessuno ha pensato che lo Stato, per mostrare un volto amichevole ai propri cittadini, desiderosi di sapere come comportarsi, potesse metter insieme in un solo testo, coordinandole, tutte queste norme». Ci devono pensare i giornali con schemi e schemini, facendo le veci di chi in modo chiaro e diligente dovrebbe dare la possibilità al cittadino di districarsi per sapere cosa fare e invece vaga nel dedalo delle disposizioni. Per fortuna, proprio le storture creatasi hanno vanificato il motto, scolpito nel codice penale, "la legge non ammette ignoranza"... Cassese punta il dito sui "complicatori affari semplici", che non sono più i parlamentari ma i potenti uffici kafkiani: «Testi scritti in questa meta-lingua erano una volta giustificati perché provenivano dal Parlamento, dove siedono quasi mille legislatori in erba. Ora, invece, provengono da un nucleo di agguerritissimi legislatori che siedono a Palazzo Chigi e nelle vicinanze, di cui lo spostamento della funzione legislativa dal Parlamento al Governo ha messo in luce tutte le debolezze. Eppure il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, popolarmente noto come "Dagl", ha un capo e due vicecapi, tre uffici, a loro volta ripartiti in complessivi dieci servizi, più quattro altre strutture denominate "settori" e "nuclei" e un centinaio di dipendenti. Sono tutti collocati al centro del Governo, che è a sua volta una delle strutture più dotate di personale di alto livello, distribuito in non meno di quindici sedi, a fronte della quale "Downing Street Number 10" e "Palais Matignon", le sedi del Governo britannico e di quello francese, impallidiscono. C'è, allora, da chiedersi perché organismi tanto dotati abbiano "performance" così basse. Qui le spiegazioni sono molte. C'è chi dice che è il potere che si difende, così come una volta la Chiesa, quando usava il latino: un diritto incomprensibile, ma comunque vigente, mantiene nelle mani di chi lo produce il potere di interpretare le norme. C'è chi pensa che dietro ognuno di quei rinvii vi sia un "cookie", frammenti di dati che servono ai redattori ad alludere ad altri poteri. Chi più semplicemente attribuisce la causa ad ignavia (gli autori di quelle norme «mai non fur vivi», direbbe padre Dante, perché si sottraggono ai propri doveri verso la società). Chi l'attribuisce semplicemente ad una diversa percezione dei diritti e delle aspettative dei cittadini o a una forma di crudeltà, così frequente in chi detiene conoscenze esoteriche». Le conclusioni sono ben più chiare della gran parte delle leggi: «Io vorrei, invece, segnalare tre più generali aspetti. Il primo riguarda il danno che in questo modo si produce sulla stessa politica: anche decisioni rigorose e prudenti, come quelle prese in tempo di pandemia, confezionate nel modo che si è detto, danneggiano la classe politica. Il secondo riguarda la democrazia: chiarezza nel governare, specialmente se si tratta di norme dirette a regolare la vita quotidiana di milioni di persone, consente ai cittadini di comprendere, giudicare, e poi di scegliere; quindi, serve a mantenere un buon rapporto tra Stato e società. Il terzo riguarda i grandi corpi dello Stato, e in particolare, il Consiglio di Stato. Questo ha fornito fino a qualche anno fa il personale di vertice che ha supplito alle carenze endemiche degli uffici pubblici italiani. Ora plurimi indizi, nell'esercizio della giurisdizione (sempre più contraddittoria e corriva) e nello svolgimento delle funzioni di direzione degli uffici di Gabinetto e degli uffici legislativi (debole, come mostrato nell'esempio da cui sono partito), fanno temere che il Consiglio di Stato stia seguendo la Corte dei Conti nel lungo viale del tramonto. Si potrebbe chiedere, a questo punto, che fanno i Governi e la classe politica. La risposta consueta è un bel nulla. Durano troppo poco per intraprendere azioni che richiedono tempo, come quella di dotare lo Stato di un nerbo di buoni funzionari. Se un Governo lo facesse, finirebbe per pagare solo i costi delle proprie decisioni, facendone raccogliere i benefici ai propri successori (eventualmente i propri competitori). Le vie di uscita sono solo due. Che i Governi possano aver tempo per governare, invece di essere sempre sulla porta girevole. Oppure che vadano al Governo ministri che agiscano lì con la stessa fermezza di chi possa restarci quindici anni». Non si poteva scrivere meglio. L'instabilità, cui aggiungerei politici con scarsa competenza che si fanno saltare in testa da dirigenti non sempre purtroppo a loro servizio e a loro tutela, genera mostri.