Ormai siamo tutti sui "social" o più in generale sul Web. Io sono qui da tanti anni ed, a fianco, c'è "Twitter". Qualche volta ho pensato di smettere o con l'uno o con l'altro per evitare i rischi dì intossicazione o meglio dì dipendenza. Per cui su "La Lettura" ho guardato con interesse al cimento dello scrittore e linguista Giuseppe Antonelli, che inizia con una frase scherzosa perché fa il verso agli alcolisti anonimi. Così: «Mi chiamo Giuseppe e da 100 giorni non tocco i social. Lo so, ormai siamo in tanti, almeno credo; ma è qualcosa che mi sembrava giusto condividere. Ecco, appunto: anche le parole sono ormai compromesse, parole che un tempo erano forti come amicizia e condivisione. Un tempo si diceva che il personale doveva essere politico; oggi, a quanto sembra, dev'essere social. Dal socialismo reale a quello virtuale: cioè irreale. Ma perché? Dove sta scritto?».
«In verità, mi sono disiscritto - anche la Crusca registra il verbo tra i neologismi - soltanto da uno dei due social su cui ero attivo - continua Antonelli - sull'altro, comunque, non ci vado quasi più e dalla stessa data non ci scrivo più niente. Me l'ero tenuto giusto in caso di crisi d'astinenza, ma poi succede che quando perdi il vizio lo perdi e basta (il pelo l'ho già perso tanto tempo fa: l'inizio della calvizie è stato il mio vero passaggio alla maturità, altro che dente del giudizio). A un certo punto ho deciso di smettere, così: d'impulso, da un momento all'altro, proprio mentre stavo leggendo commenti come al solito acidi, acrimoniosi, astiosi, avari (in rigoroso ordine alfabetico, e fermandosi alla A). Lo capisco e per quello ho tentennato da tempo se entrare o no su "Facebook", scegliendo infine di non farlo e guardo con curiosità ad "Instagram", ma resisto». Ancora più avanti Antonelli: «I nuovi media, quelli che chiamavamo "nuovi media" e adesso cominciano in parte a diventare vecchiotti, li ho sempre difesi, fin dall'inizio, e sempre li difenderò. Da studioso della comunicazione non posso non riconoscere che grazie a loro - grazie alla "telematica", per usare un termine quanto mai generico e approssimativo - hanno potuto prendere la parola tantissime persone che non avevano mai avuto voce in capitolo. Quei nuovi modi di comunicare ci hanno riportato a scrivere dopo un periodo dominato dall'oralità tecnologica e dagli audiovisivi; ci hanno fatto sperimentare una lingua sempre in bilico tra lo scritto e il parlato, ma proprio per questo sempre espressiva, viva, attuale: un e-taliano vero». Trovo che sia così e meglio non essere troppo snob, anche se vedo bestialità di vario genere e mi fanno imbestialire a mia volta i troppi anonimi che nascondono la propria identità. Infine queste osservazioni: «Ora che ho smesso con i social che cosa ho risparmiato? Tempo. Tempo che però non è denaro: è vita. Cosa ho fatto in questi giorni con tutto quel tempo? Non saprei dirlo, nulla di particolare in effetti. Ho vissuto, appunto. Confesso che ho vissuto, diceva quello. Forse ho solo perso tempo in un altro modo: ma l'ho perso per me, e dunque ritrovato. Anche se la domanda giusta da farsi credo sia un'altra: cosa ci ho guadagnato? Quiete, attenzione, concentrazione: energie mentali per fare cose vere. Adesso vado a correre e lascio il cellulare. Faccio yoga e lascio il cellulare. Lavoro e lascio il cellulare. Sto con mia moglie, con mia figlia: e lascio il cellulare. Quando vedo una cosa che mi piace, ogni tanto penso ancora: questa sì che beccherebbe un sacco di like. Ma subito dopo penso: chissenefrega; fammi restare qui a godermela, fammela gustare fino in fondo, fissare nella memoria, trasformare in un ricordo. Ho smesso di pensarmi sempre in piazza, in pubblico, in posa; di misurarmi in termini quantitativi. Ho accettato di sentirmi solo, ogni tanto: di vivere ogni tanto momenti vuoti come uova al cioccolato; di non avere niente da fare o da dire o da pubblicare o da guardare o da commentare. E mi annoio: eh sì che mi annoio, e certo che mi annoio. E' un mio diritto». Bello - quasi un diritto costituzionale - il diritto alla noia e quello collegato, il diritto alla disconnessione!