Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
10 nov 2021

Terza dose

di Luciano Caveri

Nei prossimi giorni andrò a fare il vaccino antinfluenzale. Lo faccio da decenni. Quando viene il momento mi viene in mente mio papà: me lo rivedo con la siringa in mano che mi inocula la dose. Era veterinario e scherzava dicendo che i figli somari li curava lui. E' stato papà Sandro che mi ha insegnato la bontà dei vaccini, venendo da una generazione che era stata falcidiata da malattie scomparse proprio grazie ai vaccini. Fosse vivo sarebbe stupefatto da un mondo pieno di ricostruzioni antiscientifiche che ci ammorbano. Aspetto anche la terza dose del vaccino contro il "covid-19" e la larga maggioranza dei cittadini la pensano nello stesso modo e attendono notizie. Quando brandisco il green pass su richiesta laddove necessario, lo mostro con l'orgoglio di chi ha scelto il bene.

Leggevo in queste ore su "Repubblica" un commento di Daniela Minerva, che dice per altro una cosa giusta sin da subito: «E se invece di chiamarla "terza dose" lo chiamassimo più opportunamente richiamo? Forse sembrerebbe più naturale andare a farselo. Giacché, per dirla con Alberto Mantovani, "al vaccino si fa il richiamo", è cosa usuale. E anche quello contro "Sars CoV 2" non fa eccezione». Si tratta di dirlo e di ripeterlo e non più in competizione con i "no-vax", che ho promesso di citare solo più incidentalmente. Dalla finestra del mio ufficio in Regione li sento dalla piazza sottostante, in genere poche decine dì irriducibili con i loro slogan e le loro musiche. L'altro giorno c'era uno che leggeva la Costituzione, lettura sempre utile - se compresa - come alfabetizzazione alla cittadinanza. Ma torniamo all'articolo e alla necessità del richiamo: «I dati indicano chiaramente che la copertura si indebolisce col passare dei mesi e che, quindi, per proteggerci dalla potenziale (da molti già prevista) quarta ondata dobbiamo rialzare le difese. Si badi bene, l'efficacia dei vaccini è sempre molto alta, ma pian piano si affievolisce. E lo si vede chiaramente, come rileva la "Fondazione Gimbe", dal numero di italiani over 80, i primi ad essere stati vaccinati nella primavera scorsa, che in queste settimane sono finiti in ospedale o in rianimazione: se tra aprile e luglio il vaccino ha tenuto lontani dal ricovero il 94,2 per cento dei nostri anziani, in autunno la protezione è scesa all'88,9 per cento. E anche tra chi ha più di sessant'anni già si vedono gli affievolimenti: con una capacità di tenerci lontani dall'ospedale passata dal 95,2 per cento in primavera, al 91,6 per cento nelle ultime settimane». Tra l'altro in queste ore, come ammonimento da non sottostimare, titolano su dì una quarta ondata che già colpisce in altri Paesi europei e dunque è bene essere vigili. Più avanti Minerva: «Le stime indicano che, entro fine anno, dodici milioni di italiani dovranno ricevere il richiamo. Anche se, a oggi, l'entusiasmo dei cittadini non è neppure lontanamente paragonabile a quello dimostrato in primavera verso la campagna del Generale Figliuolo: solo 1,2 milioni di italiani hanno aderito all'invito già fatto per gli anziani, gli over 60 e le categorie a rischio. Il programma è quello di vaccinare adesso tutti coloro che hanno più di sessant'anni e di aprire rapidamente a tutta la popolazione che vorrà farlo. Ma la campagna sembra a uno stallo. Le vaccinazioni, infatti, diminuiscono, l'effetto green pass non c'è stato se non nelle prime due settimane quando molti italiani sono andati a farsi vaccinare per averlo in tasca e vivere normalmente. Poi, mentre aumentavano le file davanti alle farmacie dei non vaccinati a caccia di un tampone, sempre meno persone decidevano di risolvere la faccenda green pass una volta per tutte acquisendo l'immunizzazione. Milioni di italiani sono ancora scoperti (quasi tre milioni di over 50 a rischio) e questo, unito al fatto che, come ci spiegano gli scienziati, il tampone non mette al riparo da quasi nulla giacché ha una finestra di copertura assai ridotta e permette la circolazione di molte persone contagiate, spinge il Paese sul ciglio di una quarta insopportabile ondata». Per la piccola Valle d'Aosta una quarta ondata con chiusure che vanificherebbero il turismo invernale e bloccherebbero molti settori dell'economia e della società sarebbe una botta da cui non so bene come ci potremmo riprendere.