Quanti anni è che si parla di destagionalizzazione del turismo in Valle d'Aosta. Ne ho parlato anch'io nel due anni in cui ebbi in Regione la delega su questa materia, lasciando come eredità tangibile quel cuore rosso con diversi simbolini della valdostanità come logo del settore affiancato al simbolo ufficiale della Valle d'Aosta, quel leone che sottoposi io stesso ad un restyling qualche anno dopo. Destagionalizzare vuol dire non lasciare buchi nell'anno, profittando di quei mesi che vedono meno turisti nel tratto che va tra la primavera e l'estate e nel periodo fra l'inizio dell'autunno e l'inizio della stagione dello sci. Si è fatta molta retorica sulle bellezze di questi periodi, ma poi in realtà molti operatori del settore nelle vallate non ci credono e tarano le proprie chiusure sui periodi clou e dunque in molte località chiudono alberghi e si stenta a trovare un ristorante o un bar.
Ecco perché sono piacevolmente stupito del passato mese di Settembre e del presente mese di Ottobre, quando la Valle d'Aosta si presenta con una livrea autunnale assolutamente affascinante e con ritmi meno stressanti del famoso Agosto. Ovvio che non si tratti delle grandes vacances propriamente dette. Si tratta di "fine settimana", com'è ovvio quando il lavoro è ripreso e le scuole sono aperte. Ebbene, già nelle settimane scorse, con conferma di chi ha tenuto aperto, aveva notato ad Aosta città un movimento superiore al consueto e un fine settimana a Cogne ha confermato l'impressione in quota. Come se si dovesse smentire quel Giugno così così e quel Luglio in cui molti del settore turistico hanno storto il naso, raddrizzatosi con un Agosto da record. Ma il periodo successivo non ha egualmente deluso, forse non dappertutto, ma chi ha osato l'apertura - come appunto in molti a Cogne - si sono trovati con più ospiti di quanto si potesse ragionevolmente ritenere. Vale la pena di rifletterci. Sarà un fenomeno fuggevole della riacquistata maggior libertà grazie all'effetto dei vaccini sulla pandemia, che consente di lasciare le città per godersi la situazione? Oppure esiste una consapevolezza acquisita, dopo le limitazioni da covid-19, di fuggire la pazza folla delle feste comandate? Non so dire se si tratti di un fenomeno di passaggio o destinato a radicarsi, scompaginando le abitudini da calendario di certo turismo alpino. Si sa quanto di umorale e non sempre prevedibile esista negli spostamenti dei flussi turistici in un settore che non ha una scienza esatta. Ma, oltre a goderne i frutti, è bene riflettere sulla chance che sembra profilarsi. Bisogna farlo per una ragione molto semplice. Sarà pur vero - e io stesso l'ho sempre detto - che una piccola Regione alpina come la nostra deve fare attenzione a non avere nel turismo il suo solo settore economico, perché bisogna contare anche sul resto per i rischi che ci sono ad avere una logica di monocoltura. Ma sarebbe anche ridicolo non tener conto del peso straordinario del turismo in termini economici e occupazionali e "riempire" di più i periodi sinora morti è null'altro che un atteggiamento di buonsenso. E necessario, però, crederci e scuotere chi è legato alle proprie abitudini.