
Per qualche giorno mi occuperò di un filone in questo mio blog quotidiano, tranne fatti eccezionali in quello che dovrebbe essere un solitamente sonnolento culmine dell'estate. Il percorso è quello delle emozioni. Tema sul quale esistono fior di specialisti di diversi discipline che indagano l'animo e il cervello. Io ne scriverò in modo soggettivo e senza pretese. Con il tempo, costretto com'è ovvio a... frequentarmi, mi sono formato dei miei pensieri. In più mi è sempre piaciuto osservare ed anche commentare i comportamenti altrui ed ogni anno che passa il bagaglio cresce di peso e si formano delle convinzioni più o meno giuste. Parto - non appaia un paradosso - da una canzone. Siamo nel 1970 e esce, cantata da Lucio Battisti su testo di Mogol, "Emozioni". L'autore segue infatti un suo percorso interiore, che porta poi alla frase culmine, che è «Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni».
Ma facciamo due passi indietro. Il primo è dalla "Treccani": "Emozione: processo interiore suscitato da un evento-stimolo rilevante per gli interessi dell'individuo. La presenza di un'emozione si accompagna a esperienze soggettive (sentimenti), cambiamenti fisiologici (risposte periferiche regolate dal sistema nervoso autonomo, reazioni ormonali ed elettrocorticali), comportamenti "espressivi" (postura e movimenti del corpo, emissioni vocali)". Il secondo è dall'Etimologico: "vivo ed intenso turbamento. Prestito da altre lingue romanze: dal francese "émotion", derivazione di "émouvoir, latino volgare "exmovēre", latino classico "emovēre, smuovere, scuotere" (da cui anche "emotivo"), da "movēre, muovere" col prefisso "e(x)-", che dal significato concreto di "movimento, agitazione" ha acquisito l'attuale significato psicologico". Fisico e mentale o viceversa si incrociano nelle emozioni, che oggi con sveltezza riusciamo a comunicare attraverso gli emoji delle tastiere dei nostri telefonini. Mi ha acceso molti pensieri una spiegazione scientifica di Rita Levi Montalcini: «quello che molti ignorano è che il nostro cervello è fatto di due cervelli. Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell'ippocampo, che non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni a oggi, e non differisce molto tra l'homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l'australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell'ambiente e degli aggressori. L'altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. E' nato con il linguaggio e in 150mila anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura». Mi accorgo di questa lieve differenza tra qualche cosa di istintivo e qualcosa di culturale, che ormai si incrociano nelle nostre teste e ne parlerò attraverso diversi sentimenti che si integrano e si contrastano dentro di noi. In fondo è pure un pensiero politico, cui per formazione non posso sfuggire, se è vero e lo è quanto diceva, ammonendo, George Orwell: «lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni». Anche le emozioni sono briciole di libertà.