Sembrerò strano, ma poche altre cose fanno estate sulle nostre montagne come i temporali che squassano anche le giornate iniziate con il cielo azzurro. Esiste qualcosa di atavico nel percepire l'arrivo del temporale ed anche nel riflesso condizionato di proteggersi. Così come non esiste nulla di più bello, quando tutto è finito, di cercare con lo sguardo la magia riparatrice di un arcobaleno. Mentre scrivo una pioggia battente investe la città di Aosta e dalla finestra entrano quegli odori che mi permettono di riconoscere qualcosa di appositamente registrato nel circuito fra il naso e il cervello, testimonianza di chissà quante volte ho visto questo precipitare violento ed è un'impronta antica per l'umanità. Ricordo quando ero piccolo e mio papà mi spiegava questa storia dei lampi e dei tuoni. Questo strano dualismo fra il guizzo del fulmine e il rombo che percepiamo. Si trattava di contare i secondi che trascorrevano fra la vista del fulmine e l'arrivo del rumore del tuono.
I più tecnologici e precisi, possono utilizzare anche un cronometro. Non appena si vede il lampo, bisogna iniziare a contare i secondi. Appena sentiamo il tuono il conteggio si ferma. Il rapporto è fra la luce e suono, che hanno velocità molto diverse: se la luce percorre quasi 300mila chilometri al secondo, il suono si propaga nell'aria alla velocità di un chilometro ogni tre secondi. Per questo motivo i secondi che passano tra il lampo ed il tuono vanno divisi per tre. Il risultato ci fa capire a che distanza è caduto il fulmine. Vengono in mente quei versi di Eugenio Montale: «Il lampo che candisce alberi e muro e li sorprende in quella eternità d'istante». Certi flash impressionano e d'altra parte "fulmine" viene dal latino "fulmen, -ĭnis, saetta, colpo di fulmine", derivazione di "fulgĕre, brillare". Come non pensare al segno di potenza di Zeus, il dio dei Greci, così magistralmente descritto dalla "Treccani": "Le alte vette dei monti addensano le nubi e provocano fenomeni meteorici e precipitazioni atmosferiche; ond'è naturale che Zeus, il quale dalle sue alte sedi regnava sulla terra e sulla vita degli uomini, fosse indicato come l'autore di quelle manifestazioni della natura. Egli è perciò "adunator di nembi e di tempeste" ("νεϕεληγερέτα", "κελαινεϕής") e dispensatore della pioggia benefica ("ὄμβριος", "νάιος"); egli determina il succedersi, in cielo, della luce e dell'oscurità, egli suscita i venti benefici e prosperi e gli uragani: ma egli è anche il signore del fulmine ("τερπικέραυνος", "κεραύνιος"), l'arma sua irresistibile, alla quale egli dovette la sua vittoria in cielo, sui Titani e sui Giganti, e che gli assicura il dominio dell'universo. Per questo, Zeus stesso era pensato in forma di fulmine, e si credeva che come fulmine egli scendesse sulla terra". Anche se poi, come sempre, l'umanità sa trovare anche per le cose più temute espressioni liete, come il romantico "colpo di fulmine" o l'ironico "non è un fulmine di guerra" o l'ambivalente "fulmine a ciel sereno". Karl Smallwood sul sito "Gizmodo" svela con metodo scientifico come «Il proverbiale profumo di pioggia è dovuto a una serie di reazioni chimiche e fisiche (...) Quella che ci fa dire di sentire profumo di pulito soprattutto dopo un temporale, è l'ozono. Le molecole di ozono sono formate da tre atomi di ossigeno. Ha un odore pungente che ricorda abbastanza quello che si sente in piscina a causa del cloro, disciolto in acqua come disinfettante. I fulmini che si formano durante i temporali possono causare la rottura delle molecole di azoto e di ossigeno, portando alla formazione dell'ozono, che viene poi portato a bassa quota dalle correnti che si formano tra le nuvole. Per questo motivo molte persone avvertono il profumo della pioggia ancora prima che arrivi, soprattutto d'estate, perché l'ozono può essere trasportato dai venti a grande distanza e precedere l'arrivo del temporale. Il naso umano riesce a distinguere facilmente la presenza dell'ozono nell'aria. In media basta che siano presenti dieci parti di ozono per miliardo per percepire l'odore di pioggia». Così Herman Hesse con la forza della poesia: "S'ammala il sole, s'accuccia il monte, carovane di nere nuvole stanno in agguato di fronte, in basso timidi uccelli volano, in terra trascorrono grigie ombre. Il tuono, lento dopo il fulmine, passa con rombo pauroso. Fitta, gelida la pioggia s'abbatte in rovesci di scialbo argento, scroscia in fiumi, scorre in rivoli, con mal trattenuti singhiozzi".
Esiste, però, un côté gioioso e liberatorio del temporale. Ho due immagini: la corsa pazza in un prato in fiore con i vestiti zuppi o il bagno sfrontato nel mare fattosi grigio, acqua sotto e sopra.