Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
12 giu 2021

Saman e una canzone

di Luciano Caveri

Il punto di partenza è l'orrore dell'uccisione, avvenuta nel reggiano, della 18enne pakistana Saman, che si opponeva ad un matrimonio combinato dai genitori. Ho seguito in questi giorni una polemica susseguita, che condivido, sul fatto che una certa Sinistra italiana sembra sorvolare sulla violazione dei diritti delle donne in una larga parte del mondo islamico che vive in Italia. Lo si fa nel nome di un "politicamente corretto" e di un relativismo culturale che , invece, non giustificano affatto che ci siano supposti precetti religiosi ed usi e costumi da rispettare che possano violare quei principi costituzionali che da noi proibiscono discriminazioni o forme di violenza psicologica e naturalmente fisica contro le donne. Questa questione investe tutta la società italiana e la necessità che non ci siano punti oscuri in Italia, dove sia lecito in società parallele che si sospendano i diritti e che questo lo si accetti nel nome di un uso distorto della tolleranza. Sono temi essenziali di libertà e di rispetto, che impediscono sconti o distrazioni.

Ha scritto Goffredo Buccini sul "Corriere della Sera": «Il destino toccato a Saman Abbas squarcia un velo. Chiama in causa politici e giornalisti, femministe e società civile: in fondo, tutti noi. Perché denuncia una sottocultura gretta e spietata - si direbbe ormai radicata nelle pieghe più nascoste del nostro Paese - ma anche la persistente difficoltà che abbiamo ad affrontarla e persino a raccontarla, in quanto il suo tessuto connettivo è la comunità islamica, con l’annesso fardello di uno scontro ideologico dal quale fatichiamo a liberarci». Ascoltavo l'altro giorno la "Lettre à ma fille", canzone scritta dal cantante berbero Idir, morto un anno fa a Parigi. La trascrivo per la sua profondità, che vale più di un intero editoriale e se la ascolterete sentirete anche il sussurrio della voce della figlia Tanina, che lo accompagna anche al pianoforte, senza velo e con un vestito che mostra la bellezza della sua figura. «Comme tous les matins, tu es passée devant ce miroir, Ajusté ce voile sur tes cheveux, qui devra tenir jusqu'à ce soir Tu m'as dit au revoir d'un regard, avant de quitter la maison Le bus t'emmène à la fac, où tu te construis un horizon. Je suis resté immobile, j'ai pensé très fort à toi Réalisant la joie immense de te voir vivre sous mon toit C'est vrai, je ne te l'ai jamais dit ni trop fort, ni tout bas Mais tu sais ma fille chez nous, il y a des choses qu'on ne dit pas. On le sait dans nos yeux Je t'ai élevée de mon mieux, et j'ai toujours fait attention À perpétuer les règles, à respecter la tradition Comme l'ont faits mes parents (crois moi sans riposter) Comme le font tous ces hommes que je croise à la mosquée. Je t'ai élevée de mon mieux comme le font tous les nôtres Mais étais-ce pour ton bien ? Ou pour faire comme les autres? Tu as fait de ton mieux Tous ces doutes qui apparaissent et cette question affreuse: C'est moi qui t'ai élevée, mais es tu seulement "heureuse"? Je sais que je suis sévère, et nombreux sont les interdits: Tu rentres tout de suite après l'école et ne sort jamais le samedi Mais chez nous c'est comme ça La suite des paroles ci-dessous Mais plus ça va et moins j'arrive à effacer cette pensée: "Tu songes à quoi dans ta chambre, quand tes amis vont danser?" Tout le monde est fier de toi, tu as toujours été une bonne élève Mais a-t-on vu assez souvent un vrai sourire sur tes lèvres? Tout ça je me le demande, mais jamais en face de toi Tu sais ma fille chez nous, il y a des choses qu'on ne dit pas... Et si on décidait que tous les bien-pensants se taisent? Si pour un temps on oubliait ces convenances qui nous pèsent? Si pour une fois tu avais le droit de faire ce que tu veux, Si pour une fois tu allais danser en lâchant tes cheveux... J'veux qu'tu cries, et que tu chantes à la face du monde! Je veux qu'tu laisses s'épanouir tous ces désirs qui t'inondent J'veux qu'tu sortes, j'veux qu'tu ries, j'veux qu'tu parles d'amour J'veux qu'tu aies le droit d'avoir 20 ans, Au moins pour quelques jours... Il m'a fallu du courage pour te livrer mes sentiments, Mais si j'écrits cette lettre, c'est pour que tu saches, simplement, Que je t'aime comme un fou, même si tu ne le vois pas, Tu sais ma fille chez nous, il y a des choses qu'on ne dit pas».

Conclude il già citato Buccini sul "caso Saman": «Questa storia è dunque l'occasione per guardarci in faccia. Senza assurde pretese di superiorità, non giustificabili in un Paese che per tre secoli ha bruciato le "streghe" col Malleus Maleficarum scritto da due domenicani e, fino ai primi anni Ottanta dello scorso secolo, ha mantenuto nel suo apparato giuridico il delitto d'onore e il matrimonio riparatore. Ma, piuttosto, con la forza della nostra Costituzione, il cui articolo 3 non contempla divisioni per fazioni o interessi partitici nella tutela dell'uguaglianza. Ciò che dovrebbe bastare, alla sinistra italiana, per superare ubbie e imbarazzi residui. E che dovrebbe convincere ciascuno di noi del nostro dovere a intrometterci in queste vite degli altri: a scuola, al lavoro, sul pianerottolo, sul bus, ovunque si levi accanto a noi una Saman che rivendica solo il suo diritto all'Italia».