Sono stato, in vista della fine dell'anno scolastico, in visita in una scuola primaria, anche se per me e per tante generazioni restano per sempre nel linguaggio «le elementari». Si deve - ahimè! - alla ministra dell'Istruzione Letizia Moratti, con la sua riforma del 2003, questa idea balzana di introdurre "scuola primaria", che deriva dal francese ("école primaire") e poi si è diffusa nei paesi anglosassoni ("primary school"). Un vezzo, quando invece in quel "elementari" c'era il senso di basi essenziali su cui lavorare per cominciare: scrivere, leggere e fare di conto. Ma torniamo alla visita: che bello incontrare i bambini! Ogni volta che mi capita ti accorgi della loro energia, delle loro curiosità, di quella miscellanea di espressioni e di caratteri che ogni classe esprime.
Chiunque stando in mezzo a loro è costretto a fare i conti con il proprio passato, ritrovandosi d'improvviso - come trascinato dai ricordi - seduto al proprio banco, con i propri compagni, evocando, grazie a quel prodigio che è la memoria, quei momenti che servono a darti l'impronta per quel futuro che allora non sai per nulla quel che sarà. Ci penso ogni volta ai destini che ognuno affronta quando incontro i miei coetanei di quella prima elementare, dove entrai spaurito in quegli anni Sessanta che sono ormai così distanti. Oggi i bambini sono pochi. La crisi demografica è spietata e li riduce ad una minoranza in un mondo occidentale che invecchia. Invertire la tendenza non sarà per nulla facile. Resta, guardandoli questi adulti di domani con la necessaria tenerezza, la considerazione di quanto sia il nostro dovere, nella catena della vita, lasciare loro quel "mondo migliore" che ci auguravamo quando i bambini eravamo noi. Non si tratta di aspettarsi chissà che cosa, ma di dar loro - a ciascuno di loro, compreso chi ha difficoltà - una chance. Ci riflettevo leggendo ieri su "La Repubblica" uno strano ma interessante commento di Linda Laura Sabbadini, che ricorda la Costituzione, che ha le sue basi nelle libere elezioni della Costituente il 2 giugno del 1946. Così osserva: «Ognuno di noi ha ricevuto alla nascita un grande scrigno pieno di gioielli preziosi: i diritti. Una ricchezza incredibile di cui spesso non siamo consapevoli. E di cui dobbiamo prendere coscienza, perché la nostra democrazia ha bisogno di cura, consapevolezza, azione attiva per crescere, rafforzarsi e vivificarsi. 75 anni fa gli italiani sancirono con il voto la nascita della Repubblica, milioni di donne emozionate votarono per la prima volta. Non possiamo che ringraziare i nostri padri e madri, nonni e nonne per averci donato la democrazia. Non è vero che le dittature siano più efficienti. Nei Paesi democratici si sono trovati vaccini realmente efficaci contro la pandemia, negli altri, troppo spesso non si sa quel che accade. Non è vero che la compressione delle libertà e la mancanza di trasparenza aiutino a risolvere i problemi. Serve solo ad occultarli. La democrazia, con tutti i suoi problemi, è dinamica, progressiva, rigenerativa. La dittatura frena il pensiero e le energie dei popoli, comprime la libertà degli individui, cosa peggiore di qualunque pandemia». Poi il passaggio che si collega ai bambini che ho evocato ed ai nostri doveri di adulti corrispondenti ai diritti che abbiamo: «La Costituzione sancisce i nostri diritti fondamentali e richiede a tutti noi solidarietà. La solidarietà nell'articolo 2, è un insieme di doveri in riferimento alla politica, all'economia, alla società. La solidarietà diventa tanto più centrale tra i nostri valori fondanti, quanto più siamo interconnessi nel mondo. La modernità della nostra Costituzione è incredibile. Non cede il passo ai tempi, li anticipa. Certo, ha bisogno di ampliarsi alle nuove frontiere dei diritti, in primo luogo al diritto di accesso a Internet, perché questo grande spazio pubblico sia fruibile e al tempo stesso sicuro per tutti. Ma regge. Alla luce della pandemia, è chiaro che o siamo solidali globalmente o la pandemia non finirà. Il Pnrr è stato possibile grazie alla solidarietà europea. E noi ce ne siamo avvantaggiati, così come domani se ne avvantaggerà qualcun altro. Ma abbiamo un vulnus. C'è qualcosa che è mancato nella azione politica dei governi che si sono succeduti nel Paese. La concretizzazione del principio costituzionale della solidarietà in politiche sociali avanzate, fondamentali per garantire uguaglianza, libertà e dignità». Concordo e un passo concreto, per sfuggire ai rischi sempre incombenti della retorica, è capire le nostre responsabilità quotidiane per dare un senso, anche nelle piccole e non solo nei massimi sistemi, a quella espressione infantile del "mondo migliore".