Manifestare è un diritto. Lo dice l'articolo 17 della Costituzione, frutto della temperie post regime fascista quando questo diritto era stato ovviamente negato: "I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica". Per capirci: in questa fase storica chi autorizza deve anche valutare i rischi possibili legati alla contagiosità del virus. Anch'io, sin da ragazzo, partecipai o organizzai manifestazioni e dunque ne capisco la totale legittimità, che è un marker della democrazia.
La più eclatante, e direi divertente, fu al Liceo Classico di Ivrea. Noi pendolari con il treno venivamo rimproverati dal preside perché arrivavamo in ritardo all'inizio lezioni. La tesi era che traccheggiassimo lungo la strada che portava dalla stazione alla scuola. Supposizione infondata, perché la realtà era il sistematico ritardo dei treni, di cui eravamo vittime. Per cui come reazione proposi a tutte le classi di protestare, entrando in un giorno concordato quindici minuti dopo. Non so come si mantenne il riserbo e ci trovammo davanti al Municipio di Ivrea a pochi metri dalla scuola e creammo sconcerto al suonare della campanella e sciamammo tutti successivamente con il ritardo concordato. Protesta civile, insomma. Ci ripensavo con un sorriso, seguendo l'esito di certe manifestazioni di piazza assai discutibili svoltesi nei giorni in piazza Chanoux al centro di Aosta. In particolare un primo happening di "no-vax" ed altra umanità ovviamente non attenta alle misure di sicurezza, anche se la manifestazione era autorizzata. Il secondo è stato un concerto non autorizzato, tipo "flash mob", animato dal cantautore Philippe Milleret e dal gruppo dei "Trouveur Valdotèn", che ha portato per strada e poi in piazza persone non distanziate ed in certi casi senza mascherina. In una Valle d'Aosta "zona rossa" questa storia ha colpito e preoccupato, e condivido che quanto avvenuto sia stato sbagliato e pericoloso. La canzone scelta, "Danser ancore", per altro, è un inno al dubbio contro le misure sanitarie, come mostra il ritornello nel testo del gruppo francese "HK et les Saltimbanks": «Auto-métro-boulot-conso Auto attestation qu'on signe Absurdité sur ordonnance Et malheur à celui qui pense Et malheur à celui qui danse Chaque mesure autoritaire Chaque relent sécuritaire Voit s'envoler notre confiance Ils font preuve de tant d'insistance Pour confiner notre conscience Ne soyons pas impressionnables Par tous ces gens déraisonnables Vendeurs de peur en abondance Sachons les tenir à distance Angoissants, jusqu'à l'indécence».
Condivido la stanchezza per questa lunga stagione di divieti e di privazioni e non è facile per nessuno dover sottostare a norme spesso contraddittorie e persino inadatte, che talvolta vengono imposte senza logiche condivisibili. Ma bisogna adeguarsi e fare di necessità virtù, pur sapendo come di questi tempi molte delle nostre libertà siano state compresse e le nostre competenze statutarie messe in ombra. Ma anche la protesta più giustificata e legittima va incanalata per evitare il caos. Ovviamente non ci deve essere violenza e ritengo che anche eccessi verbali o slogan offensivi sarebbero da bandire perché ci vogliono sempre educazione e rispetto. Troppo spesso la contrapposizione dura e pura caduca la manifestazione che deve avere interlocutori con cui confrontarsi con lealtà e chiarezza.