Festeggio con il pensiero la "Festa della Donna", anche se molte mie amiche sono infastidite dagli aspetti ripetitivi di questa celebrazione e da una data che sembra solo indicare nella sua stessa esistenza i problemi di fondo di una diseguaglianza. Il mio primo pensiero va a tutte le donne della mia vita nei diversi ruoli affettivi e lavorativi. Lo faccio con infinita riconoscenza per quanto mi hanno dato e trasmesso. La cosa più importante che ne ho ricavato è la totale ed assoluta convinzione che la parità, per me del tutto scontata senza dover avere lezioncine morali da professioniste del ruolo, sia un diritto e che vada perseguito come tale in tutti i modi. La società valdostana, dove vivo, trovo che sia in linea con le democrazie occidentali e certo ci sono sempre spazi di miglioramento. Lo dico in premessa, perché invece trovo stucchevoli e ripetitivi certi appelli ideologici che spuntano come funghi in questa stagione da parte di un femminismo polveroso ed ideologico, sostanzialmente piagnone, di chi si sente depositaria del copyright e scrive lettere, appelli, j'accuse con logiche di movimentismo ormai decrepite.
Vedo già sobbalzare sulle sedie certe militanti h24 che tempo fa, avendo io criticato una donna in politica per il lavoro scarso in un ruolo importante, mi hanno accusato di sessismo. Quando invece è esattamente il contrario: sarebbe stato sessismo tacere su certe incapacità solo perché espresse da una donna. Parità è infatti esporsi alle critiche e accettarle e non nascondersi dietro a paraventi di convenienza. Situazione che aborriscono le donne di carattere e che stanno bene nella propria pelle e nel rapporto con il mondo maschile. Semmai la giusta considerazione deve riguardare una maggior partecipazione femminile alla politica e già lo si vede con i risultati elettorali alle comunali in Valle d'Aosta con più donne sindaco. Questo avverrà anche in futuro in Consiglio Valle e la preferenza plurima con una preferenza femminile ci sta (sono contro le sole due preferenze con una di genere). Abbiamo il tempo per prevedere quel voto elettronico che annulla, ma già lo fa lo spoglio unificato, la storia del controllo dei voti, che riguardava per altro solo chi aveva messo in piedi meccanismi e non la generalità degli eletti. Le donne in politica - e ne ho conosciute tante sia a Roma che a Bruxelles - portano modi di ragionare e comportamenti che sono essenziali, a condizione che non ripetano nella loro attività malvezzi maschili, come vedo fare da alcune "virago" che ci sono in giro. I meccanismi compensativi con presenza femminile garantita, come nei Cda delle società, valgono se al genere corrisponde la qualità, altrimenti avremo solo comprimarie tipo "belle statuine". Le capacità e l'impegno non hanno sesso e questa deve essere la linea direttrice e magari più delle "quote rosa" conterebbe maggior equità nella distribuzione dei pesi donna-uomo nel ménage familiare e nella crescita dei figli. Questa è una colpa che mi assumo. Leggevo un pensiero della filosofa Michela Marzano su "La Stampa" in dialogo con la politologa Flavia Perina, quando osserva: «Non sono purtroppo le quote che risolvono il problema dell'invisibilità femminile. Perché di fronte alle ataviche reticenze nei confronti delle competenze femminili, l'unico strumento a disposizione dovrebbe essere quello di una "discriminazione legislativa"? Come spiegava già Montesquieu nel 1748, quando si vogliono cambiare i costumi di una società e modificarne i comportamenti il modo migliore non è cambiare le leggi, ma agire a livello sociale e, solo in un secondo momento, modificare la legislazione». Un ultimo appunto: l'impegno civile è anche mettere il naso nella nostra società dentro la storia della condizione femminile in parte della immigrazione, laddove culture diverse dalla nostra per precetti religiosi male intesi (lo dicono autorevoli imam) la donna è ferma a situazioni del passato che vengono taciute nel nome dell'ambiguo relativismo culturale o del degrado di certo "politicamente corretto" che stenta a denunciare situazioni per non apparire xenofobo. Così il "no" al burqa in luogo pubblico (si può ovviamente in casa e nei luoghi di culto) deciso dagli svizzeri per alcuni "progressisti", in queste ore, viene considerata una sconfitta!