Immagino che ognuno di noi abbia delle date in testa, che segnano tappe della propria vita. A parte quella di nascita, che tocca ripetere in modo ossessivo ogni volta che completiamo qualche formulario, grazie ad una burocrazia che vuole aver certezza ogni volta su chi siamo, ci sono dei cippi che segnano la nostra esistenza. Ne azzardo due nel mio caso: 22 febbraio 1980, quando entrai alla "Rai" come praticante giornalista ed il 2 luglio 1987, quando divenni deputato. Ne potrei aggiungere altre e non solo gioiose, ma anche dolorose, perché invecchiando non solo accumuli esperienze, talvolta soddisfazioni, ma anche perdite e delusioni. Un insieme su cui ogni tanto fai dei bilanci e certo, nel tirare le somme, conta il tuo carattere. Ed io, a costo di essere considerato un ebete, cerco di vedere sempre qualche lato positivo, certo quando è possibile farlo.
Cambio di scenario. Mi piacciono le matrioske e ne ho viste di bellissime quando sono stato a Mosca e da bambino ne avevo una che conservavo. Sapete di che cosa parlo: di una bambola di legno che raffigura una corpulenta contadina russa. In realtà sono una serie di bambole, di forma all'incirca ovoidale e di figura simile ma di dimensioni diverse, che, contenute ciascuna nella cavità di quella immediatamente più grande, si possono via via estrarre in quanto tutte (tranne eventualmente la più piccola) risultano composte da due metà innestate l'una sull'altra. Ad idearla e a farla costruire a inizio Novecento fu Savva Mamontov (1841–1918), fondatore del circolo artistico di Abramcevo, che pare l'avesse copiato da una rappresentazione buddista di costruzione giapponese, mentre c'è chi sostiene che il modello fossero delle "scatole cinesi". Con questo termine, che oggi usiamo per descrivere dubbie operazioni finanziarie, si indica una collezione di scatole di grandezza crescente, che possono essere inserite l'una nell'altra in sequenza. Oggi è oggetto artistico, mentre pare fosse nato per esigenze pratiche per avere più contenitori a portata di mano. Torno a "Matrioska": pare essere un diminutivo di "matrena" ovvero "matrona" e dovrebbe rappresentare simbolicamente la figura materna, che poi contiene in ordine di grandezza (anche se ci sono delle varianti), una madre, una ragazza, un ragazzo, una bambina eccetera, fino all'ultima figura, quella di un neonato in fasce. Insomma, il ciclo della vita, che affascina. Ci pensavo proprio rispetto alle date - e ne ho tante in testa e penso ad esempio alle tre date di nascita dei miei figli - che rappresentano tappe, che trasformano noi stessi in un passaggio da uno ad un altro noi stesso. Ognuno vive questa esperienza e può dire in sostanza di aver vissuto tante vite e non una sola. C'era un Luciano bambino, uno ragazzo, poi adulto con diverse identità ed oggi sono quello che vedo riflesso in uno specchio. Nel ciclo della vita ciascuno somiglia ai personaggi della matrioska, invecchiando e cambiando, ma restando e non è una contraddizione.