Il mio non è mai stato un europeismo cieco. Ho avuto il privilegio di studiare l'integrazione europea e poi di praticarla. Per cui ne conosco pregi e difetti, potenzialità e debolezze. Non può essere altrimenti per un federalista che crede nella sussidiarietà vera e non a parole e l'Unione europea ha dimostrato molte volte che in conto è la retorica, altri e diversi i comportamenti. Tuttavia ho sempre conservato il mio modo di pensare a favore dell'Unione europea, pur affinandone i contenuti e non avvolgendomi nel rischio di esaltazione retorica. Per cui in questi giorni me la rido a vedere paladini dell’antieuropeismo cambiare idea per farsi benvolere da Mario Draghi, prossimo premier che per background è un simbolo vivente dell’europeismo.
Più che un cambio di posizione siamo di fronte, parafrasando l’espressione "inversione ad U", ad una "conversione ad U", sposata da chi d’improvviso scopre i lati buoni di Bruxelles, di cui sinora aveva negato l’esistenza. Buona fede o tatticismi? Riposizionamento sincero o posizione furbesca? Sarà il tempo a dirlo. Certo che "pentastellati", leghisti e pure adepti della sinistra più a sinistra come "LeU" come potranno spiegare il loro brusco cambio di posizione? Certo che si fa affidamento sulla smemoratezza o sul conformismo di molti cittadini che seguono ciecamente i loro leader, ma mantengo ancora la capacità di stupirmi.