In questi mesi surreali, che ci hanno visto cambiare tante cose compresi noi stessi, mi è capitato più volte di citare un famoso detto: «primum vivere, deinde philosophari». Si può tradurre con «prima [si pensi a] vivere, poi [a] fare della filosofia». Preciso come la riflessione venga in genere attribuita al filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), ma probabilmente è molto più antica. Frase che viene usata come richiamo a una maggiore concretezza e ad una maggiore aderenza agli aspetti pratici della vita per non perdersi in disegni astratti. Ciò vale certo, molto crudemente, rispetto al rischio di lasciarci le piume a causa del "covid-19" inaspettato ospite e quel «primum vivere» è fatto di mascherine, disinfettanti, cautele ed obblighi.
Ma anche - lo dico con fervida attesa - da quel vaccino che tarda ad essere fatto e, avendo avuto un ruolo capitale Roma (ma anche Bruxelles) nella scelta delle aziende produttrici dei vaccini, sarebbe bene cominciare a dare notizie certe. Giuseppe Conte fa le solite scene con la logica del discolparsi, mentre Angela Merkel annuncia che tra poche settimane le forniture riprenderanno senza minacciare cause e sfracelli. Ma torniamo alla frase iniziale e proviamo però a vederla sotto una diversa ottica. Lo scrittore Guido Morselli, all'inizio del secolo scorso, osservò: «Come la poesia, così la filosofia deve crescere in margine alla vita, e cioè essere riflessione sulla vita, la saggezza che affiora sull'esperienza. Questo è il significato dell'adagio "primum vivere" (che gli uomini pratici hanno svisato come se significasse che il riflettere è una faccenda di seconda - o di nessuna - importanza)». Messa così mi sembra molto interessante, perché appunto non si tratta di filosofeggiare, come si dice con tono ironico. Sarebbe sterile, infatti, se fossimo qui solo per sopravvivere (certo aspetto non trascurabile per evitare di uscire di scena) e che questo vivere diventasse un lasciarsi vivere, fornendo una sorta di alibi per non riflettere sulla situazione attuale e sulle prospettive future e sulle priorità. Una premessa: chi omette ogni ragionamento necessario per inedia o stupidità lo trovo insopportabile, ma ancora peggiore è chi in Valle d'Aosta, in questa fase, non ha realismo e insegue questioni del tutto marginali a beneficio dei suoi elettori da soddisfare, quando bisogna affrontare e sconfiggere la pandemia, pensare alla ripartenza nei settori che sono stati danneggiati gravemente, e guardare alle vere priorità e non a voli pindarici scolpiti da visioni ideologiche. Ben diverso è profittare di questa situazione passerella fra l'esplodere del contagio e la speranza di uscirci. Cosa non ha funzionato? Il settore sanitario e socio-assistenziale dovrà cambiare ed attrezzarsi ad emergenze che verranno. Vanno adeguati i meccanismi giuridici fra libertà e limitazioni e obblighi di fronte a circostanze che necessitino comportamenti personali e collettivi. Il cambiamento climatico è la tappa prossima di nuove urgenze che bisogna prevenire. Le nostre debolezze emerse come ferite possono rimarginarsi e migliorarci e non bastano le buone intenzioni.