Giuseppe Conte incarna in toto una storia italiana lunghissima. La capacità di alcuni di stare in scena costi quel che costi, cambiando posizione manco fosse il "Kamasutra" o colore, come avviene in epoca di pandemia, in una logica nel caso di mantenimento della propria posizione. Naturalmente questo avviene con giustificazioni nobilissime, quando invece basterebbe dire la verità nel caso di specie: restare a Palazzo Chigi a qualunque costo, dopo aver detto - così si espresse Conte - che la politica sarebbe stata una parentesi. Oggi capiamo l'ampiezza di questa parentesi... Leggevo nel settembre del 2019 un bel articolo di Ernesto Galli della Loggia non riferita a questo caso ma ad una attitudine: «La prima cosa da chiarire è che trasformismo non significa affatto cambiare opinione su questa o quella questione. Non vuol dire cambiare idea. Ci mancherebbe altro».
«Il mondo, le situazioni, i protagonisti cambiano a velocità vertiginosa - prosegue - sarebbe assurdo che invece deputati e senatori dovessero conservare sempre la medesima opinione di cinque, dieci, o anche un anno prima. Le cose stanno però ben diversamente quando si tratta del mutamento della propria identità politica e non già di un semplice mutamento di idee su una determinata questione, sia pure importante». L'incipit, che va a pennello al premier in carica, dimostra appunto come non si debba equivocare e poi si prosegue: «In un regime democratico l'identità politica sia dei singoli che dei partiti è data sì dalle loro rispettive opinioni su alcuni problemi chiave (opinioni che tuttavia, come ho detto, con il tempo possono benissimo attenuarsi, essere lasciate cadere, mutare in parte o del tutto) ma assai di più è data da un fattore diverso: dagli amici e dai nemici che si hanno o che si decide di avere. E' per questo che in politica i programmi valgono quello che valgono (generalmente poco), e invece conta moltissimo con e in special modo contro chi si pensa di attuarli. Non per nulla, specie da quando esiste il suffragio universale, un governo non si caratterizza tanto per le cose che si propone di fare (che spesso almeno negli obiettivi non differiscono molto da uno schieramento all'altro) quanto per la sua composizione - cioè per le forze che si mettono insieme per farle - e al tempo stesso per quelle escluse, le quali vengono così a trovarsi all'opposizione. Dunque è l'identità degli amici e dei nemici, il carattere più o meno repentino con cui cambia il giudizio su chi siano gli uni e chi gli altri, e quindi il mutamento degli amici in nemici e viceversa: sono questi elementi la vera cartina al tornasole del trasformismo dei singoli e dei partiti». Pensiamo a Beppe Grillo, noto "grillo parlante", ora pronto per fare un Governo di scopo, se lo scopo è evitare la Waterloo dei "pentastellati" e possa garantire un futuro alla misteriosa creatura politica "Conte Giuseppe", che un giorno avrà paternità più certe nel suo spuntare come un fungo. Ma questa volta - questa la sintesi, spero non ce la faccia a stare a galla ed il merito va ascritto a Matteo Ranzi, si cui sfugge comunque il disegno complessivo. Ma manca ancora un tassello per spiare il fenomeno "trasformismo" nelle parole di Galli della Loggia: «In tema di trasformismo una spia decisiva è quella dei tempi e dei modi. (...) Ci possono essere buone, buonissime, ragioni non solo per cambiare idea su questa o quella faccenda ma anche per decidere di cambiare la propria identità politica. Possono esserci. Ma non possono essere ragioni subitanee che spuntano un bel giorno dal nulla. Se viceversa tali ragioni maturano da tempo, allora però esse non possono essere tenute nascoste per più di tanto. Non si può ad esempio (ma è un esempio preso da fatti realmente accaduti: il lettore sa quali) continuare ad apparire all'esterno come un avversario della sinistra, non si può aver costruito su tale base la propria identità politica, stare addirittura in un governo che si contrappone alla sinistra, e nel proprio intimo, senza darlo in alcun modo a vedere, essere pronti di punto in bianco a diventare alleati della sinistra stessa. Il nicodemismo ha diritto di cittadinanza tra i sudditi delle dittature, non nei parlamenti delle democrazie». Il "nicodenismo" - chiarisco - è il conformarsi esternamente alle idee dominanti, nascondendo le proprie. Già! Conte intruppato dai grillini strizzò l'occhio al "leghismo", poi se ne andò verso la sinistra ed ora cerca, ormai in affanno, i "responsabili", cioè quelli pronti al mercimonio nel nome ovviamente del bene di tutti. Infine: «Questo non è moralismo, è l'ovvia necessità che il pubblico sappia chi ognuno è, e che pensa. Così come non è moralismo pensare che chi in politica cambia idea o identità sia naturalmente liberissimo di farlo ma, se davvero vuole evitare di essere accusato di trasformismo, si senta tenuto almeno a una cosa: ad ammettere pubblicamente di aver cambiato idea o identità. E magari a spiegare anche per quale ragione». Conte non lo dice, nascosto dietro la capacità di manipolazione di Rocco Casalino, anche lui esempio vivente del declino italiano. Tutto questo è bluff pericoloso, che mi auguro sul viale del tramonto.