A chi scrivere, dopo averlo già fatto - sul filo dell'ironia e senza domandare doni - con il caro Babbo Natale? Mah, si potrebbe scrivere, come facevo da piccolo, a Gesù Bambino, quanto ormai avviene in maniera del tutto rara. Ma non vorrei mischiare il sacro e il profano, per cui mi astengo con un pensiero a quel me stesso che con le sue letterine al piccolo che vedevo come figurina nel presepe di casa sperava nei regali natalizi. Oggi non ho più quel candore e dunque vorrei scrivere qualche lettera meno lieve rispetto a quelle infantili. Comincerei ad intingere nel veleno la mia penna rivolgendomi, in vista di fine anno, a chi si è occupato e si sta occupando di alcuni aspetti dell'emergenza pandemia. Sia chiaro: nulla è facile di questi tempi, essendo sempre più semplice criticare che proporre e vedo sui "social" dei tuttologi che come giocolieri passano da un tema all'altro sul "covid-19", candidandosi per il "Nobel" della medicina e pure per quello della deficienza. Nessuno infatti può negare l'eccezionalità degli eventi.
Non si può, tuttavia, non osservare come, senza rinvangare il passato e le molte falle nel sistema, come queste ultime settimane siano state del tutto infarcite di un crescendo di annunci terroristici sulla stagione invernale e sul periodo natalizio. E nessuno può negare che la Montagna, uso il maiuscolo per segnalare quanto la critica sia stata esagerata, come se fossimo sconsiderati e untori. Per questo la lettera andrebbe indirizzata a Giuseppe Conte, premier ormai mitologico per la resistenza a tenere il ruolo. Ma non so se così facendo andrà avanti a lungo. Caro «Giuseppi» (come lo ha chiamato Donald Trump), stai accorto perché ormai una rivoluzione di Palazzo ti ha messo nel mirino e certo noi montanari sul banco degli imputati non ci vogliamo stare e non ti rimpiangeremo. Così come, caro ministro Roberto Speranza, non rimpiangeremo i tuoi atteggiamenti snobistici nei confronti della nostra antica Autonomia e mi spiace che uno nato a Potenza, cittadina in quota (819 metri!), abbia verso la montagna questa incomprensione. Idem per il ministro Francesco Boccia, che ha affidato una delega sulla montagna al mio amico Enrico Borghi che ne sa di questa cose, eppure sembra non avere colto la delicatezza dei problemi alpini e manifesta talvolta una vena di antiregionalismo che cozza con la sua delega sulle Regioni. E in più ieri ha offeso personalmente il presidente della Valle in modo aggressivo ed ingiustificato, indegno per un ministro della Repubblica, che non a caso ha da sempre un feeling con i "grillini" ed i loro modi. Non le porterà fortuna questo suo atteggiamento. So che la lettera peggiore la dovrei spedire al "coronavirus" che certo ha colpito il mondo della montagna e soprattutto i nostri vecchi e lo stesso vale per il 2020, cui dare fuoco come si fa a Carnevale con il diavolo posizionato sotto il ponte di Pont-Saint-Martin. Le lettere in fondo fanno bene. Lo diceva Emil Cioran: «Una lettera degna di questo nome si scrive sotto l'effetto dell'ammirazione o dello sdegno, dell'esagerazione insomma. Si capisce perché una lettera sensata è una lettera abortita». Il mio, se non si fosse capito, è sdegno.