Premesso che sono stupefatto che la Valle d'Aosta sia rimasta "zona rossa" e bisogna capire il perché. Spero non ci sia un fumus persecutionis, tuttavia chi vicino a noi ha cambiato colore lo ha fatto con dati non convincenti e sono stati opportunamente informati. Noi, come se fossimo i "Calimero" della situazione, e questo atteggiamento non va bene. Non lo dico per vittimismo e neppure per fare il saputello. Lo scrivo perché voglio essere sicuro che non ci sia sciatteria o peggio un trattamento ad hoc a noi riservato. Siamo un'Autonomia speciale da coinvolgere nelle scelte e atteggiamenti da ventennio alla "Roma doma" sono logiche colonialiste inaccettabili. Ma in questo punto morto oggi vorrei guardare in là, attrezzandomi per capire. Il tema fa tremare i polsi e ruota attorno all'interrogativo di chi ci ragiona: dopo la pandemia vivremo un periodo simile ad un dopoguerra?
Verrebbe intanto da dire a quale dopoguerra ci si riferisca. Se fosse il primo dopoguerra, nato dopo il 1915, allora verrebbe da dire subito: «no, grazie». Se invece si trattasse del secondo dopoguerra, figlio del 1945, potrei starci, visto che ne sono stato figlio in quegli anni del "baby boom" e di voglia di vivere. Ovvio che chi abbia vissuto quei decenni veda molte cose con le lenti rosa, ma in fondo lo dicono i dati e le cronache di quei tempi. La pandemia è come una guerra? Per rispetto verso i miei genitori che l'hanno vissuta credo che il paragone vada preso con le pinze, ma qualche vaga analogia ci può stare e si potrebbe usare persino la poesia. Credo che tutti ricordino le prime strofe de "La quiete dopo la tempesta" di Giacomo Leopardi: «Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno Rompe là da ponente, alla montagna; Sgombrasi la campagna, E chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato Risorge il romorio Torna il lavoro usato». Diceva Albert Einstein: «Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità». Peccherò di ottimismo, ma proprio avendo conosciuto nella mia vita tante persone che nelle due guerre hanno vissuto storie grame e difficili, spesso umanamente quasi insostenibili, penso che - a conti fatti - e nelle attuali tribolazioni dobbiamo non solo avere un atteggiamento speranzoso stolido, ma riempirlo di idee e progetti. Solo guardando avanti, verso un orizzonte, si superano certe asperità. Noto purtroppo molte persone smarrite, spaventate e quasi rinunciatarie, spesso pure addolorate da eventi tragici, e questo ci fa capire l'impatto psicologico che sgretola anche persone solide. Sono fantasmi da esorcizzare e rimboccarci le maniche, avendo certo misure ed aiuti necessari per farlo, è una necessità.