Sarò noioso e ripetitivo, ma quando sento parlare di vittorie e sconfitte nella scorsa tornata elettorale, a parte sorridere perché non ce n'è uno che, a conti fatti, ammetta di aver avuto un cattivo risultato, constato che ci si dimentica quale sia ormai il primo partito in Valle d'Aosta: gli astensionisti, cioè quelli che non votano. Alle regionali su 103.127 cittadini non hanno votato in 30.426, cui vanno aggiunti 6.435 elettori che si sono espressi o con la scheda bianca o con quella nulla. Anche nei Comuni, specie i moltissimi con una lista sola, la partecipazione al voto è stata complessivamente non soddisfacente con l'abisso, al secondo turno, del Comune di Aosta con solo il 45,93 per cento di votanti. Se sommiamo a questo le tribolazioni, sia per la Regione che nei Comuni, per comporre le liste e la scarsa partecipazione ai comizi, quando si sono fatti, il cerchio si chiude e pone seri problemi su temi quali la partecipazione democratica e la cittadinanza attiva.
Ho messo da parte un articolo interessante di qualche mese fa su "Internazionale" di Jacopo Ottaviano e Lorenzo Ferrari che così dice sul tema: «La scelta di non andare a votare non riguarda solo la persona che la compie, ma ha delle conseguenze politiche dirette. Se diventa una scelta diffusa finisce per colpire la legittimazione delle istituzioni democratiche e dei partiti politici e favorire una loro evoluzione in direzione non sempre liberale. Gli astenuti inoltre non si distribuiscono in modo uniforme lungo tutto lo spettro politico: spesso le elezioni le vince chi riesce a mobilitare il maggior numero dei propri elettori potenziali, non tanto chi riesce a strappare più elettori agli avversari». Poi si segnala un aspetto importante: «Secondo Maurizio Cerruto, autore dello studio "La partecipazione elettorale in Italia" (Quaderni di Sociologia, 2012), le ragioni alla base dell'astensionismo sono sfaccettate. "Da un lato, si parla di astensionismo da apatia, cioè da distanza tra l'elettore e l'offerta politica", spiega il professore di sociologia dell'università di Cagliari. "Questo tipo di astensionismo ha le sue radici nella posizione di marginalità che la politica occupa nell'orizzonte psicologico di molti elettori delle moderne democrazie di massa". Dall'altro lato si parla invece di "astensionismo di protesta, come espressione attiva di una insoddisfazione dell'elettore, che esprime una dimostrazione di sfiducia e in molti casi di aperta ostilità nei confronti della classe politica". Secondo Cerruto, le ricerche empiriche mostrano che nell'elettorato astensionista italiano l'apatia prevale sulla protesta». Prosegue l'articolo: «Di certo gli italiani hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni politiche. Ogni anno l'Istat rileva dati su questo aspetto, all'interno del rapporto "Il benessere equo e sostenibile". Come confermano anche le ultime stime, la fiducia degli italiani verso il parlamento, i partiti e il sistema giudiziario continua a calare dal 2010 e questo si traduce in un senso di disaffezione diffuso, che ha un impatto sull'affluenza alle urne. Tuttavia il problema italiano si inserisce in un quadro europeo più generale. Secondo l'Eurobarometro, il servizio della Commissione europea che misura e analizza le tendenze dell'opinione pubblica, la fiducia dei cittadini verso le istituzioni è bassa un po' in tutta Europa: da circa dieci anni meno della metà della popolazione europea si fida delle istituzioni politiche del proprio Stato». Torniamo da noi, dove mai sono state fatte ricerche specifiche per capire il termometro. Per altro va detto che le stringenti norme sulla privacy, talvolta illogiche, rendono impossibile capire chi non voti e dunque anche la somministrazione di questionari che consentano di meglio capire i perché non sono possibili. Tuttavia è vero che ci sono altre metodologie che consentirebbero di sondare ragioni e comportamenti e ciò sarebbe molto utile. Una parte della disaffezione non riguarda solo il voto, ma l'insieme degli elementi che fondano una coscienza civica e le basi di comprensione dei meccanismi democratici. Esiste un "Abc" senza il quale la democrazia resta un elemento misterioso e forse inutile per molti. Avere i fondamentali e le conoscenze utili permetterebbe un salto di qualità e forse le Istituzioni valdostane potrebbero sul tema battere un colpo e riprendere in mano aspetti formativi un tempo appannaggio dei partiti che, ormai ridotti al lumicino e senza risorse per la demagogia della fine del finanziamento pubblico, non sono più in grado di proporre.