Uso spesso, perché mi piace, la parola "comunità", importante per un federalista personalista quale sono. Comunità è un insieme di individui che condividono un territorio e trovano altri elementi da mettere assieme, e ciò può avvenire a geometria variabile. Chi nega l'esistenza di una "comunità valdostana" può farlo e vivere una sua dimensione solipsistica, ma non può negare l'evidenza di tanti legami e collanti, che poi si sostanziano di questi tempi nell'ordinamento politico autonomista. Esiste dunque un'Autonomia comunitaria come un insieme di persone che, assai diverse per idee, valori e personalità, cercano e trovano elementi che fanno da comune denominatore. Ci pensavo, guardando i luoghi di nascita delle persone che compongono la lista di cui faccio parte per le prossime elezioni regionali. Trovare un'unità nella diversità.
Il motto americano dice "E pluribus unum" (in italiano "Dai molti uno") e uno pensa a chissà quale provenienza, mentre deriva dal "Moretum", poema attribuito a Virgilio ma il cui vero autore è sconosciuto, che ha come soggetto una ricetta a base di formaggio e descrive il miscelarsi dei colori in uno solo. Scriveva il sociologo polacco Zygmunt Bauman: «La parola "comunità" esala una sensazione piacevole, qualunque cosa tale termine possa significare. Le compagnie e le società possono anche essere cattive, la comunità no. La comunità è sempre una cosa buona». E ancora: «La parola comunità evoca tutto ciò di cui sentiamo il bisogno e che ci manca per sentirci fiduciosi, tranquilli e sicuri di noi». Certo oggi non è facile e lo stesso Bauman scrisse altrove di un elemento nuovo che distoglie dal senso di comunità: «Causa di buona parte dell'infelicità contemporanea, delle nostre paure, preoccupazioni e dei nostri incubi: il problema della solitudine. (...) Con il virus della solitudine i cosiddetti social network guadagnano cifre abnormi. Mark Zuckerberg, inventore e proprietario di "Facebook", ha investito migliaia di miliardi di dollari capitalizzando precisamente su questo: sulla paura di essere abbandonati, di essere lasciati soli e di non avere amici attorno a sé, persone su cui potersi appoggiare in caso di necessità, semplicemente per sentire l'intima vicinanza con un altro essere umano». E Baumann fa un esempio su come mai potremo sostituire la nostra fisicità con la sola realtà via Internet: «vi illustro una scena che avrete visto probabilmente diverse volte nella vostra vita, andando al ristorante: arriva una famiglia composta da quattro persone, due genitori e due figli. Ed ecco quattro cellulari. Ciascuno, anziché guardare gli altri, è rivolto verso il proprio schermo». Per lui la nostra vita «è divisa invece in due parti: esiste la parte online e quella offline. Non potete sottrarvi alla dimensione offline della vostra vita». Vi è poi la bella citazione di Umberto Eco: «egli formulò quella che chiamava "la condizione fondamentale dell'essere umano". Non resterete sorpresi quando vi svelerò questo segreto: la condizione fondamentale dell'essere umano Eco ne spiega la ragione in questo modo: è il suo sguardo (quello di un altro essere umano) che definisce e forma noi stessi. Così come non possiamo vivere senza mangiare e dormire, non possiamo comprendere chi siamo senza lo sguardo e la risposta dell'altro. Il risultato del vivere in una comunità dove ciascuno ha deciso sistematicamente di non guardarsi mai l'un l'altro, comportandosi come se non esistessimo, sarebbe la follia o la morte». E aggiunge: «Come disse Aristotele, oltre duemila anni fa prima di Umberto Eco, solamente gli angeli e le bestie possono vivere al di fuori della polis. "Polis" significa comunità, presenza fisica, presenza in carne e ossa di altri esseri umani. Solamente gli angeli e le bestie, dunque, e sfortunatamente noi non siamo angeli - non so voi, ma io non lo sono di sicuro! E, per quanto riguarda le bestie, non vogliamo di certo essere bestie! Allora non abbiamo davvero scelta». Ha scritto Elie Wiesel, lo scrittore sopravvissuto all'Olocausto: «L'opposto dell'amore non è odio, è indifferenza. L'opposto dell'arte non è il brutto, è l'indifferenza. L'opposto della fede non è eresia, è indifferenza. E l'opposto della vita non è la morte, è l'indifferenza». Ecco perché ci vuole l'Autonomia comunitaria.
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