Fa impressione - e non lo dico con chissà quale approccio romantico perché il passato è ormai passato - l'ampiezza assunta dalla diaspora unionista. La dispersione di un mondo che ho conosciuto bene, sia per ragioni familiari che per ragioni personali, dovute in prevalenza alla mia attività politica. Questa disseminazione sino ad un certo punto ha avuto una logica: i fuoriusciti dall'Union Valdôtaine restavano comunque in un perimetro che non comprendeva, se non per rare e non significative eccezioni, i partiti nazionali. Ora, con le elezioni regionali e le comunali di Aosta, le migrazioni politiche hanno rotto questi confini e si può dire che si è giunti ad un nuovo passaggio pieno di storie, in gran parte personali. Ma ognuno fa quel che vuole e immagino che di critiche ce ne possano essere per tutti, me compreso. Pur con tutti i difetti che posso avere, io ero e sono rimasto sempre nei confini del mondo autonomista-federalista, anche se dentro questa area si sono insinuati nel tempo personaggi che poco c'entrano con questa collocazione, spesso nella sola logica da porta girevole per acquisire vantaggi.
Ma torniamo al punto: i camaleonti in politica ci sono sempre stati e il trasformismo è una caratteristica ben studiata dai politologi. In Valle noto delle iperboli da parte di chi, pur di restare in Consiglio, risulta pronto a qualunque operazione di travestimento, degna del cambio d'abito e di personaggi che cambiano con rapidità di Arturo Brachetti. Chissà che l'elettorato, oltre a riderne, non decida di disfarsene. Ciò detto auspico che un giorno verrà in cui si possa riflettere più a fondo sul quadro politico valdostano e sulla sua influenza sul destino della Valle e del suo ordinamento. Non si tratta di immaginare operazioni di vertice o studiate a tavolino, ma di capire con franchezza se le originalità manifestatesi dal 1945 ad oggi siano ormai da considerare un'eredità vetusta e come tale da archiviare nel passato, in un clima di veleni e vecchi merletti, oppure esistano spazi che riguardino i problemi da risolvere e la progettualità per il futuro che verrà. Intanto ci si contenti del presente e della possibilità di un'arma, apparentemente spuntata, del voto popolare. So che ormai sul suffragio universale pesano gravi incognite e lo si vede anche nelle democrazie avanzate, dove spuntano personaggi singolari che cavalcano insoddisfazioni e paure, specie in un mondo Occidentale che dovrebbe essere vaccinato rispetto a certe patologie. Purtroppo la sagra del dilettante piace in situazioni caotiche ed a perdere la testa, per rabbia e disgusto, sono anche persone rette e serie che d'improvviso scelgono l'azzardo. Ma ad un certo punto anche chi è salito su certe giostre si rende conto del valore della barra dritta. Magari questa mia è una pia illusione e non si è ancora raschiato il fondo del barile. Saranno, tuttavia, il tempo e le circostanze a fornire le risposte necessarie e bisogna solo incrociare le dita e non rassegnarsi. E magari fare tesoro dell'ironia di Winston Churchill: «Non raggiungerai mai la tua destinazione se ti fermi a tirare pietre a ogni cane che abbaia». Bisogna saper sorridere e non solo digrignare i denti.