Estate bislacca, vissuta sotto minaccia. Un giorno la racconteremo con ricca aneddotica. Sarà piena di ricordi e di come ci si arrivò a questi mesi estivi, dopo settimane infinite di clausura domestica e di "smart working". Ci siamo trovati impreparati, vivendo con bollettini terroristici e l'angoscia di diventare uno dei positivi con la speranza di non prendere una forma grave e trovarsi in una rianimazione ventilati artificialmente. Sempre che ci fosse un posto libero nei momenti di massimo affollamento. Pareva dapprima che l'estate non ci sarebbe stata e che saremmo stati ingabbiati, se non proprio in ambiente domestico, in un territorio ridotto, forse regionale. Poi, invece, i confini regionali, di cui per la prima volta si è avuta piena contezza con il "coronavirus", si sono aperti e dunque possiamo muoverci. Però ci sono molti "però" è pesano come macigni. Non è tanto l'arcobaleno di regole locali, che ci sta in toto perché nessun territorio è uguale ad un altro (anche se in certe circostanze ci vorrebbe un dettaglio persino comunale), quanto il fatto che in generale non si capisce se ci sia utilità vera.
Lo abbiamo visto con la contraddizione nell'uso dei guanti e pure delle mascherine. Utili, inutili, consigliabili? E ancora: la temperatura si deve prendere o no? Come comportarsi esattamente con gli sport? Questa storia dei nonni è esemplare. Prima si dice per mesi «niente nipoti, perché gli anziani rischiamo il contagio», poi si decide di dare il "buono babysitter" ai nonni! Mah! Quel che è certo è che in Italia ci si sposta ed anche in Europa, con rarissime eccezioni in zone dove il contagio è ripartito, mentre nel mondo gli europei sono o non accolti affatto o malvisti. Brutta estate non solo per limitazioni e paure, ma perché si guarda - per così dire - al buio oltre la siepe. Il virus incombe sulla fine dell'estate e sull'autunno, per non dire dell'inverno. Anche in questo caso c'è una ridda di dichiarazioni contraddittorie, che pesano sulla credibilità della scienza. Non solo: pesano sulla nostra fiducia e ci sembra di camminare sempre sull'orlo di un burrone e ciò crea timori e incertezze. Ci vorrebbe una macchina del tempo per saltare a piè pari un momento inquietante e senza un orizzonte preciso. Piacerebbe a tutti ritrovare una normalità, pur non sapendo quale sia, visto che tutto dicono che nulla sarà più come prima. Credo anch'io che sarà così, ma i confini di questo cambiamento sono confusi se non indeterminati. Ci sono solo disegni vaghi, ipotesi diverse, scenari alternativi e la nostra vita viaggia ormai ad una velocità normale. Ma siamo come auto che viaggiano nella nebbia e con un navigatore che non funziona. Speriamo in bene!