Ha scritto una dozzina di giorni fa "La Sentinella del Canavese", attenta alla storia di un allevatore canavesano di origine valdostana, che ha un alpeggio ed un agriturismo ad Ayas, dove produce - lo scrivo con l'acquolina in bocca - un formaggio grasso, il "Gran Gessato", fatto con latte ovino grazie alle pecore che stanno lassù ad alte quote: "Una mattanza nei pascoli di Ayas ai danni di Roberto Bagnod. Il colpevole è ancora una volta lui, il lupo. E il bilancio è il più grave mai registrato in Valle d'Aosta: venti pecore gravide uccise e una decina ferite che rischiano di dover essere soppresse. E' accaduto nella notte tra mercoledì e giovedì. Bagnod, noto allevatore e imprenditore, sfoga il suo sconcerto in un video pubblicato sulla pagina "Facebook" della sua azienda: «Dopo questa notte ci vediamo costretti a rientrare a valle con tutte le agnelle sopravvissute - racconta - in questa situazione si estingueranno gli ultimi alpeggi della Valle d'Aosta ma in compenso il lupo ritornerà nel suo habitat naturale. La Regione ci aiuta nella costruzione di recinti ma nulla però pare fermare il lupo. Mi chiedo se non si possa agire diversamente. Contro questi animali non sappiamo più cosa fare»".
"Le pecore rimaste sono state raccolte in un recinto vicino al campo sportivo di Mandrou, località a monte di Champoluc - prosegue l'articolo - a circa 1.800 metri di quota. Il gregge era protetto da reti di un metro e mezzo di altezza, montate secondo direttive anti predatore. Ma ieri l'uomo si è ritrovato davanti ad uno spettacolo drammatico. L'accaduto è stato segnalato agli agenti del Corpo forestale. L'Istituto zooprofilattico sperimentale di Quart esaminerà i tamponi della zona di morsicatura rilevata sulle pecore per rilevare la specie di lupo che ha compiuto la strage". Su "Facebook" la testimonianza di Bagnod colpisce molto e lo stesso vale per certe immagini crude. So bene che dire che la presenza del lupo vada regolamentata attira i fulmini di molte persone e non solo degli animalisti estremisti. Il lupo piace e nessuno tiene conto delle povere bestie sbranate e dell'attività pastorale in alpeggio, per non dire dei rischi per chi si trovi faccia a faccia con un branco. Questioni che vengono considerate come fantasie da chi non conosce la storia profonda dei rapporti uomo-lupo con morti azzannati e sostiene, di fatto, un incremento senza limiti di un predatore che non è predato da nessuno, se non dall'uomo. E prima o poi arriverà anche da noi l'orso, che oggi crea un sacco di problemi specialmente in Trentino. Credo abbiate letto delle due vittime, padre e figlio, di un attacco dell'orso nelle scorse ore mentre facevano un escursione sul Monte Peller, appunto in Trentino. Numerosi punti di sutura ad una gamba fratturata in più punti ed in diversi posti del corpo, unghiate un po' dappertutto e momenti di vero terrore. All'attacco dell'orso i due malcapitati hanno reagito con forza, sennò oggi piangeremmo due morti. Eppure gli animalisti hanno reagito nel solito modo: colpa degli umani, l'orso va assolto perché la sua è una reazione naturale. Visto che in Trentino ci sono ormai cento orsi, che sono stati rimessi in Natura con scelta azzardata e nessun controllo delle nascite, che si vada a spiegare ad abitanti e turisti quanto sia bello riavere una specie senza alcuna reale regolamentazione del loro numero, che di anno in anno - come i lupi su tutte le Alpi - crescerà a dismisura. Un giorno verrà in cui questa "moda" finirà, basata com'è su di una visione disneyana degli animali, che sono buoni, mentre noi esseri umani siamo cattivi e turbiamo con la nostra ingombrante presenza la Natura, dimenticando la ferocia del mondo animale, da cui ci siamo distinti sviluppando la nostra intelligenza, di cui oggi dovremmo solo vergognarci. Io sto sempre dalla parte degli animali, ma questo non significa accettare gli eccessi di presenze di lupi e orsi, che non sono pacifici vicini della porta accanto, ma la cui presenza deve tenere conto di altre priorità e soprattutto della folle idea che la loro diffusione senza alcuna regola sia da accettare con gioia e partecipazione anche quando rischia di colpire attività tradizionali come l'allevamento e inquietare i turisti che girano per i sentieri e nei boschi. E' indubbio che con quelli che vengono definiti "grandi carnivori" bisogna convivere, ma se questo significa che lupi ed orsi si possono fare i fatti loro, interagendo come se nulla fosse sulle attività umane, allora vuol dire veramente che il mondo della montagna è destinato ad essere, come molte volte è stato, tragicamente incompreso.