Par di capire che il vecchio ammonimento di mamme e nonne, che è stato un tormentone della nostra infanzia, con il «lavati le mani!» ripetuto di generazione in generazione, avesse un grandissimo valore. Lo confermano il "coronavirus" ed il rischio di contagio. Ora, come un mantra ma su basi scientifiche, ci viene ripetuto in ogni appello la necessità di tenere pratiche igieniche responsabili per noi e per gli altri. La scrittrice Silvia Nelli ha osservato con sagacia: «Le mani, sono il primo passaggio di molte cose spesso inosservate, ma di grande valore: la stretta di mano, simbolo di conoscenza. Il tendere una mano, sinonimo di aiuto. Una carezza, la dimostrazione di affetto. Tenersi per mano, la paura di perdersi. Battere le mani, simbolo di approvazione. Usiamo le mani per tutto questo ricordandoci di non usarle mai contro qualcun altro, perché quello è l'unico modo negativo che hanno di mostrare qualcosa».
Mai come in questo periodo io stesso guardo le mia mani, sapendo che sono le prime a causare dei guai e ad ospitare in particolare questo virus, che da noi in Valle d'Aosta ha ucciso senza pietà. E soprattutto mai come in questo momento uso i saponi e le soluzioni specifiche per evitare sorprese. Confesso quanto sia difficile - e forse, secondo alcuni, persino pericoloso - indossare quei guanti che vengono comunque indicati come opportuni in certe circostanze. La recente pubblicazione dei nomi dell'età e dei paesi di origine dei molti morti conferma come il "covid-19" non abbia avuto pietà, che per altro non può provare non avendo alcun pensiero, soprattutto colpendo i più indifesi: gli anziani. Questa storia di difendersi da batteri e virus, sempre più insidiosi malgrado le scoperte scientifiche e tutto quanto la modernità ci ha portato, era già un tema che impressionava, quando capitava di sentire di persone colpite anche nell'ospedale di Aosta da infezioni ospedaliere. In Italia il dato che ho letto assomma a cinquantamila i morti l'anno. Va detto che l'Usl valdostana ha sempre segnalato un'attività intensa di contrasto alle infezioni nelle strutture sanitarie, soprattutto per controbattere la diffusione di batteri multi-resistenti, causata anche, come noto, dall'abuso di antibiotici nel tempo. Ma le mani restano le mani. E proprio un mesetto fa ci fu il doodle di "Google" dedicato al dottor Ignaz Semmelweis, il medico ungherese pioniere della teoria del lavaggio delle mani. Nato nel 1818, iniziò il suo tirocinio come capo degli specializzandi della più grande clinica ostetrica di Vienna. Nel 1847 scoprì che la febbre puerperale, a quel tempo responsabile della morte di molte donne che partorivano in ospedale, era causata da una infezione della stessa natura di quella che uccideva i chirurghi che si ferivano accidentalmente nel corso di esami su cadaveri o mentre effettuavano interventi su pazienti infetti. In sostanza, le mani non pulite bene o disinfettate, erano il veicolo della malattia. Per scongiurare altri decessi, propose allora di usare una soluzione di cloro per disinfettare le mani di studenti e professori e in un solo anno riuscì a ridurre le morti del novanta per cento. La sua scoperta fu osteggiata. Nessuno gli crede e la tesi maggioritaria è che la sua sia una teoria campata in aria e che lavarsi le mani per eliminare qualcosa che non possiamo vedere è ridicolo. Privo di una posizione accademica, scrive a colleghi dentro e fuori l'Impero, senza però che il suo pensiero venga mai davvero compreso. Il medico lavora ad un libro che oltre ai risultati ottenuti all'ospedale di Vienna sia un vero e proprio compendio di lotta contro la febbre puerperale. La pubblicazione viene stampata nel 1858 e successivamente viene tradotta in tedesco e altre lingue. Ma ancora non basta, perché manca la prova schiacciante, quella della reale correlazione tra malattia e germi. Arriverà a metà degli anni Sessanta dell'Ottocento, grazie al lavoro di Louis Pasteur, un chimico francese che però pubblicherà solo nel 1880 un articolo scientifico ("De l'extension de la théorie desgermes à l'étiologie de quelques maladies communes") che dimostrerà in modo inequivocabile che sono alcuni germi a provocare la febbre puerperale. Ma Semmelweis era già morto nel 1867, ritenuto pazzo, in un manicomio austriaco, probabilmente per la cancrena dovuta a una ferita non curata adeguatamente. Oggi, con il senno di poi e anche in questa terribile emergenza, la sua intuizione è ormai un'assodata pratica salvavita. E cambia anche quella terribile espressione del «lavarsi le mani». Ricordate? Dal "Vangelo" di Matteo: «Ed egli disse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora gridavano più forte: "Sia crocifisso!". Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell'acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: "Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!". E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli". Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso".