Il giornale letto in casa mia è sempre stato "La Stampa" di Torino. Una fedeltà indefessa che i miei genitori non tradirono neppure quando negli anni Settanta "La Gazzetta del Popolo", che scomparve nel 1983, propose delle pagine dedicate alla Valle d'Aosta, facendo concorrenza al colosso della "Fiat". Quanto avvenne, prendendo di fatto il testimone, anche per la stessa "Stampa" con l'edizione valdostana anni dopo, diventando di fatto il solo quotidiano profondamente ancorato alla Regione autonoma con una fogliazione importante e una schiera di bravi giornalisti e collaboratori, fra i quali molti amici con cui avevamo iniziato la carriera giornalistica o con cui ci siamo conosciuti nel tempo.
Nello stesso periodo ormai storico - a dimostrazione dell'interesse per l'editoria locale - io divenni giornalista professionista alla "Rai Valle d'Aosta" con la nascita del Telegiornale regionale, che si affiancò a quel solo quotidiano, ma radiofonico, che fu dal 1961 per tanti anni il glorioso e di fatto monopolista Gazzettino regionale, "La Voix de La Vallée". Intanto - per completare il quadro degli anni Ottanta - nasceva il settimanale "La Vallée Notizie". Non è tuttavia l'evoluzione del giornalismo valdostano il punto. Vi è una questione più delicata: da quando è iniziata la crisi noi lettori de "La Stampa" ci siano trovati in difficoltà per la scelta - motivata dal caporedattore Guido Tiberga con la necessità di abbattere i confini territoriali in ragione dell'emergenza sanitaria - di far scomparire l'edizione valdostana, "annegata" nelle Province piemontesi con qualche articolo ed una sola pagina dedicata espressamente «ad Aosta&Regione» (sic!). Capisco bene, perché le vivo anche nel mio lavoro radiotelevisivo, le difficoltà di mantenere la normalità in qualunque attività editoriale con l'invito a stare a casa, con le limitazioni conseguenti negli spostamenti, con le notizie nazionali che debordano e via di questo passo. Ma già nella scelta grafica laddove, a presentazione di questa edizione compattata, campeggia Piemonte e, in piccolo, Valle d'Aosta echeggia - e spero di sbagliarmi - una scelta, per altro esistente già da sempre nell'edizione del lunedì. Quella, nella sostanza, di considerare la Valle d'Aosta né più né meno che una Provincia piemontese "aggiunta" e la scelta, motivata mi pare dal fatto di essere la stessa "terra", appare come uno svarione di stampo subalpino o sabaudo. Intendiamoci: "La Stampa", la sua Direzione, la sua proprietà tornata agli eredi Agnelli, che hanno comprato anche "La Repubblica", sono liberi di fare ciò che vogliono, ma penso che in questo periodo di crisi - anche se funziona bene l'edizione valdostana sul Web si cui mi complimento con i colleghi a ranghi ridotti - i valdostani vivono questa assenza come una vedovanza e, per alcuni, come un tradimento. Anche se so bene come gli stessi valdostani, che leggono meno la carta stampata, potrebbero vedersi ritorcere l'accusa, perché "La Stampa" non è un servizio pubblico con il canone - come la "mia Rai" - e dunque risponde a leggi di mercato, profitto compreso. Perciò il mio resta uno sfogo e anche una speranza. Lo sfogo è quello di non dovermi a lungo destreggiare fra pagine e articoli sulle Province piemontesi di cui - lo dico con rispetto - mi interessa pochissimo per trovare articoli e la sola pagina di mio interesse. Non lo dico - scusate il calembour - per provincialismo od isolazionismo montanaro, perché leggo il resto delle pagine de "La Stampa" e di altri quotidiani con l'interesse dovuto alle notizie nazionali e internazionali, perché non penso che ci sia una "barriera mentale" a Pont-Saint-Martin, ma l'informazione locale ha una sua anima, un genius loci e la Valle d'Aosta Autonoma ha una sua identità millenaria e ancora ben vivente e non si sente un'appendice del Piemonte. Per questo, come lettore da una vita, mi auguro ed è questa la speranza che queste edizioni locali in cui siamo di fatto "piemontesizzati" sia solo il frutto dell'emergenza e non diventi una condanna per il futuro. Lo scrivo con affetto per evitarmi un amore non più corrisposto tra me e il giornale della mia vita. Timore che ha anche, pur inconsciamente, la mia mamma novantenne che mi ha telefonato più volte per dirmi, di fronte a "La Stampa" di una vita, temendosi rimbambita: «Non riesco più a trovare le pagine della Valle d'Aosta!».