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06 gen 2020

Veyrat sconfitto dalla "Michelin"

di Luciano Caveri

Ormai, con il Web, si finisce per dare un voto a tutto, che poi ciò avvenga con l'uso del metodo classico da "1" a "10", con le stelline o con giudizi più articolati poco importa. Lo si può fare attraverso diversi strumenti ("TripAdvisor" è stato per anni un classico per i ristoranti), ma oggi si possono vedere valutazioni che vanno dall'idraulico all'avvocato attraverso apposite piattaforme e sono molte aziende ormai a chiedere di esprimerci. Si sa bene, quando si va a sbirciare per scegliere qualcosa, quanto sia grande la possibilità che certi strumenti di valutazione a disposizione di tutti possano essere artefatti da rivalità, pregiudizi o persino da vendette di chi vuole colpire un'attività o una persona e non c'è filtro che tenga. E' molto tempo che questo cimento esiste nel settore della ristorazione con la celebre "Guida Michelin", il volumetto rosso che, partito dalla Francia come complemento alla vendita delle gomme, è assurto a vangelo della buona tavola ed ormai i suoi giudizi si ritrovano in Rete.

Personalmente la consulto, conoscendo le regole del gioco e trovando in certe occasioni quanto sia fallibile. Ricordo i criteri validi dal 1931: una "stella" significa «interessante» («très bon restaurant dans sa catégorie»); due "stelle" «merita una deviazione» («excellente cuisine; mérite le détour»): tre "stelle" «vale il viaggio» («cuisine exceptionnelle; vaut le voyage»). Anche su questa pagina ho seguito la curiosa querelle del talentuoso e estroso chef "tre stelle", Marc Veyrat, che conobbi anni fa e che si è ribellato al declassamento della "Michelin" del suo ristorante in Alta Savoia, privato di una "stella", scendendo da tre a due. Mentre nel tempo qualche chef francese si è persino fatto secco per lo stress da "stella", lui ha scelto la protesta e, dopo una visita vicino a Parigi alla sede della guida rossa, ha dato loro degli impostori ed ha chiesto di sparire dalla loro pubblicazione, portando la "Michelin" in Tribunale, dove poche ore fa ha perso la causa. Scrive "Le Monde": "C'est une décision qui laisse un goût amer au chef Marc Veyrat. (...) Le chef et sa société "SCS Marc Veyrat" «ne produisent aucune pièce relative à l'existence d'un dommage et à la réalité de leur préjudice», a souligné le tribunal de grande instance de Nanterre dans sa décision en référé". «Très affecté», M. Veyrat a déploré mardi ce rejet, maintenant avoir «été victime d'une erreur d'appréciation avec des inspecteurs qui ont notamment confondu une recette complexe à base de produits savoyards avec une vulgaire tranche de cheddar», a-t-il ajouté. «Si on me dit: "M. Veyrat, votre cuisine est moins bonne qu'avant", j'accepte tout. Je respecte le "Michelin", je dis: "Amen, on va faire le nécessaire"», mais «là, c'est des critères incroyables»". Prosegue l'articolo: "Le tribunal a cependant estimé que les pièces produites par son client étaient «insuffisantes à démontrer l'existence d'un motif légitime de nature à justifier qu'il soit porté une atteinte disproportionnée à l'indépendance d'évaluation constitutive de la liberté d'expression des inspecteurs du guide». Et de rappeler que cette liberté était «garantie» par la Convention européenne de sauvegarde des droits de l'homme et des libertés fondamentales. Le "guide Michelin" est avant tout «un instrument pour les consommateurs, pas la propriété des chefs», avait souligné à l'audience son avocat Richard Malka. «Il faut souhaiter que cette décision mette fin aux gesticulations médiatiques et aux divagations juridiques de M. Veyrat», a-t-il réagi mardi auprès de l'Agence France-Presse, estimant que les griefs du demandeur revêtaient un «caractère malveillant et totalement imaginaire»". Potrà far sorridere che il Tribunale evochi principi elevatissimi per i giudizi di esperti culinari e pure la foga di Veyrat può apparire degna di miglior causa. Ma, oltre alla reputazione, esiste il business che crea una terza stella. Ma, intanto a consolazione del cuoco sconfitto in giudizio, resta la pubblicità innescata dalla causa, che ha consentito allo chef di aumentare il numero di persone che si recano nel suo "La Maison des bois", a Manigod (Haute-Savoie).