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07 dic 2019

Evviva la sorpresa!

di Luciano Caveri

La parola "sorpresa" (dal francese "surprendre, cogliere inaspettatamente" e quindi "meravigliare") sorprende! E' infatti una parola come un Giano bifronte, per cui si può fare una sorpresa e la si può ricevere e ormai mi pare che la usiamo più nelle accezioni positive che in quelle negative (la triste "brutta sorpresa"). In vista del Natale, la sorpresa (che spunta anche dalle uova di Pasqua...) è argomento connesso alla nostra capacità di stupire in qualche modo nel rito antico e simbolico dello scambio dei doni. Cimento assai complesso perché all'apertura di un regalo c'è chi - penso a mia moglie - è capace dalla lettura della sua faccia di mostrare se la sorpresa sia stata azzeccata o oggetto dell'umiliante "cambio merce" nel negozio dov'è avvenuto l'acquisto.

Trovo su "Express Style" un articolo interessante di Violaine Binet, così riassumibile: «Emotion fugace, la surprise - quand elle est bonne - a pourtant bien des vertus, car le cerveau et le corps y réagissent en déclenchant une sensation de bonheur. L'être humain est programmé pour désirer l'imprévu, nous dit-on. Alors, c'est le moment ou jamais de surprendre et de se laisser surprendre». Diceva Albert Einstein, uno che l'umanità l'ha sorpresa con le sue intuizioni scientifiche: «Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti». Aggiunge l'autrice dell'articolo e la citazione di uno scrittore è illuminante: «L'étymologie du terme l'indique, surprendre c'est "sur-prendre", prendre par revers. "Le sens premier du mot est militaire, rappelle Christian Doumet. A l'origine, il signifie conquérir, asseoir sa domination. Ce sens a été renversé. On ne retient désormais que la magie qui lui est associée. Reste que, dans la surprise, on est victime d'une entreprise qui nous prend en défaut". Cela vaut pourtant la peine de percer la cuirasse des défenses dressées envers l'inattendu. Le psychologue américain Silvan Tomkins (1911-1991), professeur au département de psychologie de Princeton et théoricien de la personnalité, a étudié les dessous du processus. Il en a révélé les bénéfices attendus. Son analyse emporte facilement l'adhésion. D'après ses observations, la surprise vide l'intégralité des données présentes dans le cerveau à cet instant». Si sappia che una bella sorpresa si fissa nella nostra memoria e diventa appunto indimenticabile. Non credo che ci sia da stupirsene. Sarà che i ricordi finiscono davvero per essere selettivi e, fatte salve esperienze negative, per nostra fortuna molti dei flash dal passato finiscono per farci rivivere di più i momenti lieti e le sorprese sono fra gli elementi che spiccano. Ha scritto Margherita Zannoni su "Focus": «Ai primordi della specie, ogni sorpresa poteva rivelarsi una minaccia (un predatore) o un'opportunità (una preda). Tant'è che l'espressione di sorpresa comprende un rialzarsi delle sopracciglia e uno spalancarsi degli occhi per allargare il campo visivo, e l'apertura della bocca (il "restare a bocca aperta") per garantire una respirazione profonda e facilitare lo sforzo muscolare in caso di fuga. L'attenzione alle novità ha quindi un'origine biologica, perché aiutava a sopravvivere, ma il nostro cervello è attratto dalle novità anche quando siamo perfettamente al sicuro. E' come se fossimo costruiti per essere sorpresi. E infatti tutti noi cerchiamo attivamente le sorprese attraverso la lettura, andando al cinema, scoprendo nuovi locali, raccontandoci barzellette, sognando posti esotici per le vacanze». E' un'interessante riflessione che nobilita la forza della sorpresa per scuoterci, in fondo, dal suo esatto contrario, che sono il disinteresse e l'indifferenza. Questi sono davvero dei nemici che ci seppelliscono nella freddezza della routine e in una vita meccanica e ripetitiva. Un'indicibile tristezza.