Mi ha sempre divertito pensare, sapendo bene degli incredibili progressi dell'umanità (cui corrisponde sempre un tasso elevato di autodistruzione), a come sarà vista questa nostra epoca da chi, in futuro, ne studierà storia ed evoluzioni oggi in atto. Questa famosa "rivoluzione digitale", che sta cambiando la nostra vita e la sta rendendo diversa, un giorno sarà null'altro che uno dei passaggi topici, superato - se sopravviveremo ai rischi di disastro, tipo dinosauri - da chissà quali novità ed invenzioni. Credo che l'intelligenza artificiale sarà una delle sfide da non sottostimare, pur non avendo la fantasia intuitiva di un Jules Verne. Intanto, come spesso capita, mi incuriosiscono quei neologismi che i dizionari - in questo caso "Treccani" - inserisce fra quanto emerge nell'uso comune. Così "infosfera", che nasce per capirci subito in analogia con "biosfera", e mette assieme mondi virtuali e la realtà materiale.
Così dice appunto "Treccani": «L'insieme dei mezzi di comunicazione e delle informazioni che da tali mezzi vengono prodotte». Poi seguono citazioni puntuali che ne spiegano l'uso:
«E' una società dominata da tecnologie che rendono possibile, fin da oggi, un profondo mutamento della "infosfera", grazie alla demassificazione dei media». (Roberto Grandi, "Comunicazioni di massa: teorie, contesti e nuovi paradigmi", "Clueb", Bologna 1984, p. 159); «Il "passing", in definitiva, è una categoria molto utile per riflettere sulla forma attuale dell'umano, non solo dopo le domande poste dal femminismo e dalla riflessione sulle varie forme di subalternità culturale nel mondo globalizzato, ma anche nell'attuale mondo digitale, dove l'umano è un elemento che si disperde nell'infosfera». (Marina De Chiara, "Repubblica", 8 maggio 2006, Napoli, p. 7); «Assieme al tempo è mutato anche lo spazio, strutturandosi in quell'infosfera che racchiude sia online che offline, sino a divenire un sinonimo della realtà stessa nel senso che, come sostiene Floridi, "ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale». (Giovanni Boccia Artieri, "Doppiozero.com", 15 ottobre 2017, Libri); «McLuhan sosteneva che questi mezzi di comunicazione sono "l'estensione dell'uomo" e dei suoi organi: tele-fono, tele-visione, tele-scopio... Ma la vera rivoluzione è che si è creato un nuovo ambiente, l'infosfera, un nuovo mondo a cui non ci si può sottrarre». [Gianfranco Ravasi] (Edoardo Vigna, "Corriere della sera", 25 aprile 2019, 7, p. 42).
Roba difficile: forse però è più difficile spiegarlo che viverlo, come avviene oggi nella dimensione quotidiana in cui - ovunque ci si trovi - ci troviamo in questa sfera nuova in parte fisica ma sospesa moltissimo in un altrove immateriale. Questo termine, insomma, costruisce una nuova dimensione e, anche se già adoperato sin dagli anni Ottanta, prende forma nella visione attuale, come spiega Davide Nardini, esperto di "Data Science", sul sito "Sociologicamente": «Proprio di rivoluzioni parla il filosofo Luciano Floridi nel suo libro "La quarta rivoluzione" (2017). La prima rivoluzione, a suo avviso, è stata la rivoluzione copernicana, quella che ha tolto la Terra dal centro dell'universo e che ci ha reso mobili, e non più immobili. L'uomo al centro dell'universo, un classico di epoca rinascimentale (ma anche greca, non a caso), cede il passo ad un uomo decentrato. Decentrato rispetto all'universo ma quantomeno al centro del nostro pianeta, come suo essere privilegiato. A smontare questa rivoluzione ci pensa Charles Darwin, con "L'origine della specie" (1859), che ci toglie anche questa centralità. Ogni specie infatti si è evoluta nel tempo per mezzo di una selezione naturale. Dunque l'uomo non è al centro del nostro universo biologico, ma è solo un suo vano error (per gli amanti di letteratura: Francesco Petrarca). Persa la centralità rispetto all'universo in generale, e all'universo biologico terrestre, ci resta la centralità rispetto a noi stessi. Siamo res cogitans e quantomeno sappiamo di saperlo. Poi arriva Sigmund Freud, che con la terza rivoluzione spodesta anche questa certezza: la mente è incerta ed inconscia, quindi non siamo più nemmeno trasparenti a noi stessi. In ogni caso comunque, per Freud, è colpa di mamma». Il contenuto è ovviamente profondissimo, ma premessa al cambiamento attuale: «Dagli anni '50 dello scorso secolo un'altra rivoluzione, la più devastante, è alle porte. A capeggiare questa rivoluzione c'è il genio di Alan Turing: con il suo articolo ironico e provocatorio (ma non solo) in cui espone il suo famoso test, apre le porte a quella che Floridi definisce appunto la quarta rivoluzione. Informatica e tecnologia aumentano in modo spaventoso la propria crescita e soprattutto il loro impatto sulla nostra vita. Ci rendono "inforg", ovvero "organismi informazionali interconnessi". Non più entità moderatamente isolate (del resto non lo siamo mai del tutto stati) ma organismi che condividono con agenti biologici e artefatti ingegneristici un ambiente globale costruito da informazioni. Sfuma così la netta separazione tra la nostra vita online e quella offline, in particolare negli ultimi anni: fino a qualche anno fa avevamo ancora il modem da attaccare e staccare per connetterci, dovevamo accendere il computer per navigare. Ora invece viviamo in un eterno presente di connessione. La nostra è un'esperienza "OnLife", non abbandoniamo mai l'infosfera». Eccoci dunque al neologismo che penetra nel nostro linguaggio nelle parole di Davide Nardini: «Dopo "OnLife", "infosfera" è un altro dei neologismi di Floridi: l'infosfera è "quell'ambiente informazionale costruito da tutti i processi, servizi ed entità informazionali che includono gli agenti informazionali così come le loro proprietà, interazioni e relazioni" (Floridi, 2012). E' la nostra essenza immateriale qui a tornare di moda, in particolare la nostra natura informazionale: dopo la grande priorità (materialista) del fisico, dell'oggetto reale, si lascia spazio alla preponderanza del digitale (immateriale). Processi e oggetti perdono la propria connotazione fisica diventando così indipendenti dal loro supporto materiale. A sorpresa, computer e Intelligenza Artificiale riportano alla metafisica del buon vecchio Aristotele, definita letteralmente come "oltre i libri della fisica". Tutto diventa copia, immagine, idea, sospesa in un cloud informazionale senza spazio e confine. Ha così importanza allora il nostro aspetto fisico? Non saremo mica tornati al mondo delle idee di Platone?». Insomma: siamo qui, siamo carne e ossa e naturalmente cervello, ma - accanto agli strumenti materiali che abbiamo sempre avuto - fanno sempre più irruzioni elementi davvero da Iperuranio platonico, non avendo una logica metafisica in un "luogo sopra cielo" ma essendo nel dedalo del mondo digitale.